la ricerca del sapere, Aristotele

L’uomo condivide con gli animali la sensazione, fra i diversi tipi di sensazioni quelle più importanti sono certamente l’udito e la vista; e tramite questi che apprendiamo maggiormente. Qui abbiamo ancora quella traccia di importanza dell’oralità, del primato dell’oralità sulla scrittura. Aristotele è il primo che concepisce che diversi tipi di scienze esistono perché esistono diversi tipi di oggetti. La singola sensazione riguarda il singolo oggetto o evento definito nello spazio e tempo; ciò che si percepisce e quello del qui ora. Tutto ciò nel linguaggio aristotelico si traduce sostenendo che la sensazione concerne il che, non ancora il perché.

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Hegel, il rivoluzionario

Per quanto concerne l’elemento etico, l’individuo non può e non deve vivere da sé come un atomo, ma deve prendersi cura di sé e degli altri; come in Spinoza, in Hegel nessun ente e a sé. Così, mentre il desiderio è la prima manifestazione di un riconoscimento, poiché l’individuo vuole fra le prime cose essere riconosciuto quale individuo (dialettica servo-padrone), questo desiderio di essere riconosciuto deve avere un limite; il desiderio illimitato del capitalismo è ciò di più anti-hegeliano che ci sia. L’economia è uno strumento della società che risponde ai bisogni, ma non può venir “lasciata libera”, deve essere organizzata, tutelata dallo Stato (il tuo desiderio finisce laddove inizia quello dell’altro). Lo Stato deve garantire il benessere sociale, proprio per il tramite dell’economia; il benessere di tutti o della maggior parte.

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la dottrina dell’amore e della bellezza, Platone

Per comprendere al meglio la visione dell’amore di Platone, è necessario prendere in considerazione prima di tutto la concezione che lui stesso ha dell’uomo: un essere diviso a metà tra anima e corpo, tra aspirazione verso il mondo delle idee e tendenza a cedere alle tentazioni del mondo materiale.

Platone, riprendendo ciò che era stato detto da Socrate, definisce l’amore una follia, ma va avanti nell’analisi, sostenendo che non sempre la follia è un male. L’amore diventa infatti una follia divina, fonte di bene per gli esseri umani. La bellezza di cui ci si innamora non è altro che la rivelazione dell’armonia divina, la quale «riaccende» nell’uomo il ricordo della Bellezza Ideale che l’anima sensibile aveva contemplato prima di incarnarsi. È mediante la contemplazione della bellezza che ci si avvicina all’intelligenza stessa. Infatti l’uomo, grazie alla reincarnazione, vita dopo vita, impara a non lasciarsi ingannare dalla bellezza estetica, ma cerca qualcosa in più, fino a giungere anche alla bellezza del divino stesso.

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la giustizia secondo Platone 

​I temi fondamentali di alcuni dialoghi di Platone si trovano riassunti nella sua massima opera, la Repubblica, che li ordina e li connette intorno al motivo centrale di una comunità perfetta, nella quale il singolo trova la perfetta formazione. Nella Repubblica il dialogo è dedicato al tema della giustizia. Essa si apre con le considerazioni di Cefalo, il padre di Lisia, sulla vecchiaia e si chiude con il mito di Er sul destino delle anime dopo la morte: i problemi esistenziali dell’individuo trovano la loro soluzione nella giustizia della città. L’individuo è in piccolo quel che la città è in grande ed è un elemento della città.

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la dialettica hegeliana

Hegel considera il negativo come il motore della storia – in maniera analoga, nelle vite individuali, le esperienze negative generano riflessione; – le guerre “alimentano” i popoli e le nazioni, causando il male del mondo e costringendo l’uomo a prendere coscienza delle proprie azioni. Laddove si trova la negazione esiste una divisione, se vi sono più elementi, o un’auto-differenziazione, se vi è un elemento unico: l’io si auto-differenzia da sé, momento negativo, comprendendo di non essere il “tu”; in questa negazione esiste sicuramente una relazione, il “noi”, che toglie-conserva (Aufheben) l’io e il “tu” portandoli a una visione più ampia. Nel lessico hegeliano, il noi è più concreto del tuio che sono astratti.

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il male radicale di Kant, considerazioni

Da La religione entro i limiti della sola ragione

La frase: l’uomo è cattivo, non può, dopo ciò che precede, voler dire altra cosa che questo: l’uomo è consapevole della legge morale, ed ha tuttavia adottato per massima di allontanarsi (occasionalmente) da questa legge. La frase: l’uomo è cattivo per natura significa solo che tale qualità viene riferita all’uomo, considerato nella sua specie: non nel senso che la cattiveria possa essere dedotta dal concetto della specie umana (dal concetto d’uomo in generale, poiché allora sarebbe necessaria); ma nel senso che, secondo quel che di lui si sa per esperienza, l’uomo non può essere giudicato diversamente, o, in altre parole, che si può presupporre la tendenza al male come soggettivamente necessaria in ogni uomo, anche nel migliore. Ora, questa tendenza bisogna considerarla essa stessa come moralmente cattiva, e perciò non come una disposizione naturale, ma come qualche cosa che possa essere imputato all’uomo, e bisogna quindi che essa consista in massime dell’arbitrio contrarie alla legge. Ma, d’altronde, queste massime, in ragione appunto della libertà, bisogna che siano ritenute in se stesse contingenti, cosa che, a sua volta, non può accordarsi con l’universalità di questo male se il fondamento supremo soggettivo di tutte le massime non è, in un modo qualsiasi, connaturato con la stessa umanità e quasi radicato in essa. Ammesso tutto ciò, potremo allora chiamare questa tendenza una tendenza naturale al male, e, poiché bisogna pur sempre che essa sia colpevole per se stessa, potremo chiamarla un male radicale, innato nella natura umana (pur essendo, ciò non di meno, prodotto a noi da noi stessi). Che una tale tendenza depravata sia di necessità radicata nell’uomo, possiamo risparmiarci di dimostrarlo formalmente, data la quantità di esempi palpitanti che, nei fatti degli uomini, l’esperienza ci pone sotto gli occhi.
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alcune figure de “la Fenomenologia dello Spirito”

La Fenomenologia dello Spirito, ovvero la Scienza dell’esperienza della coscienza, è stata pubblicata nel 1807 a Jena; ma prima di affrontare le profonde dinamiche ivi inserite, alcune premesse sono doverose, soprattutto in ambito linguistico. Per prima cosa col termine scienza si intende discorso organico, in cui ogni aspetto precede o segue il successivo come se fosse per l’appunto un organismo (seme, pianta, fiore, frutto etc.). Con il termine Spirito (Geist), si intende tutto ciò che non è naturale, che si erge differenziandosi dalla natura; il diritto, l’economia, le scienze, la letteratura etc. ovvero tutto ciò che ha a che fare con l’uomo in quanto uomo.

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la natura umana secondo Kant

Con natura dell’uomo Kant intende il fondamento soggettivo dell’uso della libertà umana, che prescinde dai sensi, ma è anche allo stesso tempo un atto di libertà in sé, sennò non si potrebbe spiegare il comportamento moralmente buono o malvagio del singolo individuo. La ragione del male dipende non da un istinto naturale, ma da una regola che l’uomo dà a sé stesso, affinché possa esercitare la sua libertà. La legge morale è un imperativo categorico che l’uomo comanda a sé; gli imperativi categorici sono le leggi morali valide universalmente, non per il loro contenuto, ma per la loro forma di legge. Un imperativo categorico deve poter essere reso universale secondo le varie formulazioni, tra cui quella che afferma di agire in modo che la massima della propria azione soggettiva possa diventare legge universale oggettiva della natura.

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la Critica del giudizio

Per l’«ottimista» Kant c’è una legge morale con valore universale e tale legge è un fatto della ragione, legge non ricavata dall’esperienza poiché universale; è razionale in quanto deve valere per ogni essere umano senziente o meglio ancora per ogni essere razionale (ed è razionale, la legge, anche perché conosciuta per il mezzo della ragione); la legge morale impone un dovere morale, non una necessità di natura. Essa consiste in un imperativo (cioè coincide con una necessità oggettiva dell’azione) ed è incondizionata; perciò si ha l’autonomia della ragione (la morale non deve sottostare a fini, empirici, particolari quali il benessere, la ricchezza, la cultura etc.). L’uomo è destinato al miglioramento; perciò abbiamo definito Kant, come certamente lo sarà Hegel, ottimista (ovviamente volendo semplificare); scrive infatti Tassi, in merito a Kant: l’umanità è chiamata a muoversi in direzione della propria perfezione, e la perfezione coincide con l’universalità della norma etica. La tensione etica porta l’uomo, nel singolo e nella collettività, al compito di un’umanità che si disponga a una vita secondo ragione; sussiste perciò una provvidenza della natura, un termine in cui ogni uomo sarà trattato rispetto e in modo conforme alla propria dignità.

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Etica e Religione in Kant

In questo modestissimo riassunto, per studenti liceali, sottolineo, ho cercato di sintetizzare uno dei temi più importanti di Kant, forse il più importante, la questione etica; perciò molti aspetti torneranno a più riprese, aggiungendo, definendo, arricchendo il discorso. Come in una centrifuga.

La ragione in un contesto kantiano ha certamente una valenza regolativa non solo negli aspetti più squisitamente teorici dell’esperienza (dei fenomeni), viepiù si scaglia quale elemento regolativo etico; è la ragione che ci mostra come comportarci. Mentre la Critica della ragion pura ha posto in maniera ineluttabile quali siano i limiti conoscitivi a partire dal sensibile, mantenendosi nel piano del fenomeno, al «dato», la Pratica ci indica un mondo in cui noi siamo non solo l’accidentale, il caso, ma il necessario quali esseri dotati di ragione, capaci di attuare regole, in primis l’imperativo categorico.

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