l’abbazia di San Vincenzo

Stando al Chronicon Vulturnense (scritto forse dall’abate del monastero nel 1130 ca.) il cenobio sarebbe stato fondato da tre nobili di origine beneventana tra la fine del VII e gli inizi del VIII secolo, in un luogo donato loro dal duca longobardo di Benevento; i nobili avrebbero ripristinato una chiesa e un oratorio già esistenti – di una chiesa, tardo romana, comunque se ne ha notizia con annessa un’area funeraria.

Cerchiamo ora di ripercorrere, seppur brevemente, le varie tappe dell’importante sito archeologico.

  • Il convento, presumibilmente, fu fondato dal Duca Gisulfo II, in un momento di espansione territoriale e di ricerca di prestigio da parte delle aristocrazie longobarde, servendo come strumento di controllo di importanti aree di confine. Non a caso, in un’epoca successiva San Vincenzo fu al centro di uno scontro tra monaci e longobardi, alcuni favorevoli ai carolingi e altri schierati col Duca.
  • Carlo Magno intervenne direttamente a favore del monastero, concedendo esenzione fiscale e giurisdizionale, oltre che l’autorizzazione ad eleggere liberamente il proprio abate. Questi influssi si riflessero nel periodo del famoso abate Giosuè (792-817); proprio a lui si deve la costruzione di San Vincenzo Maggiore.
  • Dal secondo quarto del IX secolo il monastero va incontro ad un lento declino, segnato anche da alcuni eventi: il terremoto dell’848 e la distruzione e il saccheggio ad opera dei saraceni nel 881.
  • Tra i secoli X-XI, tuttavia, si assisté al ritorno dei monaci e ad una riorganizzazione, sia delle terre sia delle strutture del cenobio: il monastero esercitò una vera e propria signoria territoriali nell’Alta Valle del Volturno.
  • Nel secolo XII il sito fu abbandonato e il monastero ricostruito al di là del Volturno (nel 1115 si ha l’edificazione della nuova chiesa), in una posizione più difendibile, laddove si colloca oggi. Gli scavi iniziarono ad opera della Scuola Britannica di Roma sotto la direzione di Richard Hodges nel 1980; sono tuttora in corso a cura di una équipe italiana.

Gli scavi hanno documentato che il primo impianto del monastero occupò un’area precedentemente insediata: sono infatti stati scoperti resti di un santuario (del IV Secolo a.C.) di epoca sannita e caratterizzato da una fase romana, oltre che una villa tardo-antica, nell’area della quale furono costruite due chiese, una con funzioni cimiteriali.

La fase carolingia
Nella fase carolingia si provvide alla costruzione di San Vincenzo Maggiore, nel periodo in cui Giosuè fu abate tra l’VIII e il IX secolo, un edificio di enormi proporzioni per l’epoca (63×28,7m), edificato su un grande podio, a tre navate e tre absidi e con cripta anulare. Il modello fu la basilica costantiniana di San Pietro a Roma (del IV Secolo), ma paralleli possono essere istituiti anche con il San Salvatore di Brescia. La chiesa divenne il centro intorno al quale gravitava il nuovo monastero: a sud di essa sono venute alla luce una serie di officine connesse ad attività produttive: fornaci, tra cui una dedicata alla produzione vetraria ed un laboratorio per la lavorazione dei metalli, anche preziosi. L’ingresso al San Vincenzo Maggiore nella prima fase era laterale ed appartato, non frontale.
L’atrio fu costruito in un periodo a cavallo tra il X e il XI secolo con grandi fondazioni poi riempite di terra, per sopraelevarne a pavimentazione fino alla quota della chiesa. L’accesso, come detto, diviene frontale, onde consentire un’apertura della chiesa alla popolazione locale, come fosse una sorta di cattedrale al centro di un territorio governato dagli abati. Successivamente, venne costruita la cripta della chiesa nord e furono ampliate tutte le strutture ricettive: refettorio, cucine etc. È probabile che molta parte delle strutture del primo convento coincidessero con quelle della precedente villa. In una fase ancora successiva, come avviene spesso, fu poi costruito il campanile centrale a metà della facciata.

L’incendio arabo del 10 Ottobre 881
L’assalto arabo toccò certamente il complesso delle officine e l’area di fronte a San Vincenzo Maggiore. Le cucine e il refettorio, così come l’ambiente attiguo al giardino, risultarono pesantemente danneggiati durante l’incendio nel corso del quale tutte le parti lignee (tetti, tramezzi, pali di sostegno) furono distrutti.
Anche la basilica di San Vincenzo Maggiore dovette subire danni a causa di questo tragico evento, pur se le ricostruzioni successive ne cancellarono ogni traccia, ragion per cui è difficile valutarne l’impatto. La comunità si trasferì a Capua, ove spesso gli abati continueranno a soggiornare nel X e nell’XI secolo.

Ricostruzione e cambiamenti, in dettaglio
Il processo di ricostruzione dell’abbazia avvenne lentamente, e si può dire che sia stato effettivamente iniziato oltre cento anni dopo le distruzioni dell’881.
La scelta, in un primo momento, sembra essere stata quella di concentrarsi sulla ricostruzione integrale della chiesa maggiore. Gli scavi hanno rivelato che le strutture della basilica furono praticamente riedificate ex novo per quasi tutta la metà orientale dell’edificio, mentre la parte occidentale dovette essere radicalmente restaurata. L’entità dei lavori non ha però modificato significativamente lo schema planimetrico dell’edificio. Ingenti furono invece le modifiche operate nella parte antistante la facciata.
La costruzione di un atrio, forse prevista, ma mai portata a termine nell’originario progetto del IX secolo, fu avviata e conclusa in breve tempo, contestualmente alla ricostruzione della chiesa, negli anni a cavallo fra X e XI secolo, sotto l’abate Giovanni IV, posto alla guida dalla comunità dall’Imperatore Ottone III.
Fu realizzato un atrio quadriporticato (paradisus), preceduto da una rampa monumentale, inglobando in parte alcune strutture di IX secolo.
La chiesa abbaziale, che nel IX secolo era soprattutto utilizzata per le esigenze interne della comunità, si apre per fungere da cattedrale de facto delle popolazioni insediate nei villaggi incastellati fondati in quegli stessi decenni nell’Alta Valle del Volturno. All’interno del paradisus viene realizzata un’area di sepoltura per la parte della comunità monastica.
Pochi decenni dopo la costruzione dell’atrio, intorno al 1030, sotto l’abate Ilario (1011-1044) nuovi cambiamenti interessarono il San Vincenzo Maggiore. Si completò la chiesa con un nuovo ciclo di decorazioni pittoriche, ma soprattutto si eresse, di fronte alla sua facciata – e quindi rimodellando completamente il lato ovest dell’atrio – una grande struttura composta da tre torri, culminante con una torre campanaria posta in posizione centrale, alta più della chiesa stessa, e quindi presumibilmente di circa 25 metri. Questo tipo di costruzione, detta in latino triturrium e in tedesco westbau, aveva la funzione di monumentalizzare la facciata. Strutture come questa, di tradizione tipicamente tedesca, furono edificate, nello stesso periodo di tempo, anche a Farfa, Subiaco e Montecassino.
Possono essere datati all’XI secolo, sulla base delle sequenze ceramiche, alcuni edifici raggruppati a nord e a sud della grande basilica. Tra quelli a sud, sicuramente un chiostro, circondato ad est e ad ovest da due ampi ambienti di pianta rettangolare, uno dei quali – quello ad ovest – decorato da un pavimento in mosaico ed opus sectile, potrebbe essere uno una sala capitolare, mentre l’altro il cellarium monastico. Queste ultime costruzioni sono attribuite dal Chronicon Vulturnense all’abate Giovanni V, che resse l’abbazia fra il 1050 e il 1070 circa.

San Vincenzo Nuovo (fine XI – inizi XII secolo)
Il trasferimento del monastero sulla riva destra del Volturno, avvenuto tra la fine dell’XI e gli inizi del XII secolo, determinò la progressiva e completa demolizione, nell’arco di una generazione, di tutti gli antichi edifici per recuperare materiale costruttivo. Il nuovo monastero fu concepito come un complesso fortificato dal momento che era protetto su tre lati da un muro di cinta, eccezion fatta per il lato Est che guardava la scarpata sul Volturno. La chiesa, consacrata nel 1115, era preceduta da un atrio a quadriportico e affiancata dalle fabbriche monastiche, attualmente scomparse.

Possibile ricostruzione
La chiesa odierna
Gli scavi

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