Fascismo, dittatura

Nel 1925-26 si hanno le cosiddette leggi fascistissime, in cui il regime diventa regime totalitario. Abbiamo la fascistizzazione dello Stato e della società. Si verifica il controllo delle istituzioni statali e delle organizzazioni sociali, la repressione del dissenso, l‘acquisizione del consenso ottenuto attraverso un sistema di educazione e di iniziative in campo assistenziale. Da qui si ha il tramonto dello Stato liberale, il quale era stato incapace di attuare le speranze della Prima Guerra Mondiale e del dopoguerra rispetto a tutte llassi sociali a partire dai contadini e operai, fino ad arrivare ai latifondisti e all’ alta borghesia. Per quanto concerne la propaganda bisogna sottolineare che essa si avvalse dei moderni mezzi di comunicazione di massa come il cinema, la radio e la stampa. Senza questi mezzi probabilmente il fascismo non ci sarebbe stato o non avrebbe avuto quella persuasione che lo caratterizza. Abbiamo una mobilitazione delle masse veicolata attraverso l’ indottrinamento ideologico e celebrativo del culto della persona cioè del duce. “Il duce del fascismo” fu appunto una diretta del 1937 della MinCulPop (Ministero per la Cultura Popolare). Anche la stampa fu sottoposta ad una rigorosa censura. Le trasmissioni radiofoniche curate dalla EIAR ( Ente Italiano per le Audizioni Telefoniche) conobbero grande diffusione contribuendo ovviamente a sviluppare una nuova cultura di massa. Nel campo della cinematografia abbiamo l’istituto LUCE.

Il fascismo esercitò, come accennato, uno stretto controllo sulla scuola, addirittura, proponendo preghiere rivolte a Dio per proteggere il Duce e il fascismo, aggiunte nei breviari, nei quaderni, nei libri di testo. La dittatura in questione si è caratterizzata per il ritorno in auge della romanità imperiale. Abbiamo anche una cultura accademica alta, ufficiale, che vede persone del calibro del filosofo neoidealista Giovanni Gentile, dello scrittore Luigi Pirandello, dell’inventore Guglielmo Marconi e del compositore Pietro Mascagni. La gioventù fu inquadrata con spirito e disciplina, una militarizzazione della società ‒ tipica nel post primo dopo guerra. Abbiamo le organizzazioni come i figli della lupa ideata dall’ Opera nazionale balilla, chiamata così fino al ‘37 e poi diventerà il littorio, gli avanguardisti, le piccole italiane, i giovani italiani oltre che a gruppi universitari fascisti.

Pur il tempo libero era organizzato secondo le modalità fasciste, abbiamo perciò l’ Opera Nazionale Dopolavoro che organizzava competizioni sportive, attività ginniche e ricreative. Qui si vede quanto il potere persuadesse la società e si inscrivesse in tutti i suoi meandri. Lo Stato conosce e può indirizzare la vita del cittadino.

Si ha anche un’ urbanizzazione, ricordiamo il quartiere romano dell’ EUR o il tentativo di unire Ostia a Roma, con una crescita di lavoratori nel settore industriale. Si verifica anche un’ esaltazione degli ideali rustici, rurali ostacolando però l’ emancipazione femminile: si pensava anche che la donna fosse solo una madre, una donna di casa. Abbiamo le iniziative esistenziali volte a favorire l’ incremento demografico, ci fu una tassa sul celibato e una concessione di premi per famiglie numerose. Al potere del fascismo si ergono tuttavia due entità anch’esse forti: la monarchia e la Chiesa; per quanto riguarda la prima incontrò limiti per la presenza del re, anche se aveva un ruolo secondario. Con la Chiesa, invece, avvenne un accordo l’11 Febbraio 1929: i Patti Lateranensi, firmati da Mussolini e dal Cardinale Pietro Gasparri. Ovviamente quest’avvicinamento fu graduale, anche perché Mussolini era anticlericale al limite della bestemmia, successivamente si avvicinò alla Chiesa quale grande strumento perché il popolo italiano cattolico. Bisognava in qualche modo ‘rendersi amico’ questa grande figura. Una delle questioni era il problema dell’unificazione nazionale che aveva deposto il Papa Pio XI come regnante. I Patti si articolano in tre modi: abbiamo un trattato internazionale che istituiva lo Stato città del Vaticano e con la quale la Chiesa riconosceva il Regno d’ Italia con Roma capitale; una convenzione finanziaria, ci fu un indennizzo delle perdite territoriali subite con l’unificazione italiana; un concordato, che poi verrà modificato nel 1984, che stabilisce il cattolicesimo come religione ufficiale dello Stato, il riconoscimento civile del matrimonio religioso, l‘obbligo di insegnamento della religione cattolica in tutte le scuole, l’allontanamento dai pubblici uffici dei sacerdoti apostati o irretiti da censura ecclesiastica, il riconoscimento delle organizzazioni dipendenti dell’azione cattolica. La conciliazione tra Stato e Chiesa rappresentò per il fascismo un successo enorme e abbiamo così le elezioni plebiscitarie del ‘29 che registrarono il 98% dei consensi a favore del regime, rappresentato della lista unica del partito fascista.

Soffermiamoci ora sulla politica estera che può essere suddivisa in due momenti. Il primo periodo vede Mussolini, agli albori del fascismo, in un buon rapporto con la Gran Bretagna. Estende il suo livello diplomatico anche verso altre grandi potenze, per esempio nel settore balcanico, in opposizione alla Francia. Nel 1924 abbiamo il Patto di Roma con la Jugoslavia, dove Fiume veniva annessa all‘Italia. Nel 1927 ci fu l’ alleanza con l’ Albania, quindi abbiamo una situazione in cui c’è grande diplomazia del fascismo e un crescente rispetto internazionale. L’elemento fondamentale è la politica antibolscevica che attuò Mussolini, poiché era sempre presente la paura della rivoluzione russa. Nel 1925 ci fu una conferenza a Locarno in cui venne fuori quest’atteggiamento anti-rivoluzione russa da parte del fascismo.

Mussolini si oppose alle mire espansionistiche di Hitler sull’Austria. Nel 1935 ci fu la Conferenza di Stresa tra Francia, Inghilterra e Italia. Fu una conferenza antitedesca dopo il riarmamento della Germania. L’altro periodo del fascismo, per quanto concerne le politiche estere, ha come vertice la questione dell’Etiopia. Siamo nell’Ottobre del 1935 e abbiamo l’Italia fascista che aggredisce l’Impero Etiopico, membro della Società delle Nazioni. Si ha così ivi l’inizio di una crisi economica e diplomatica perché ovviamente l’azione delle truppe italiane, che invadono un Stato che appunto faceva parte della Società delle Nazioni, non poteva essere ben interpretata. Mussolini mal interpretò la questione che la Francia e la Gran Bretagna non avrebbero in qualche modo condannato quest’azione, anche perché c’era sempre quest’ idea di ritornare all’ Impero Romano. Questo tentavo di espansione, presentato come una crociata, aveva anche una motivazione economica cioè la ricerca delle materie prime, ogni guerra ed evento storico contemporaneo ha dei fondamenti economici.

Figura importante è il maresciallo Badoglio che entra il 5 Maggio 1936 in Addis Abeba e qui conquista l‘Etiopia. Il 9 Maggio di quell’anno Mussolini saluta il ritorno dell‘impero, ed il re Vittorio Emanuele III assume il titolo di Imperatore di Etiopia. Nel 1936 Mussolini sostiene Francisco Franco nella guerra civile spagnola. Nello stesso anno ci fu il patto di amicizia Asse Roma Berlino, che poi nel Maggio del 39 diventerà il patto d’acciaio. Nel Novembre del 1938 furono promulgate da Mussolini le leggi razziali, un insieme di provvedimenti legislativi e amministrativi (leggi, ordinanze, circolari) rivolte prevalentemente contro gli ebrei.

Per quanto concerne il fascismo da un punto di vista economico possiamo dividerlo in quattro periodi, ovviamente per una questione pedagogica. Questi quattro momenti rispecchiano diversi approcci alle problematiche economiche. Nel primo periodo, il cosiddetto periodo liberale che va dal 1922 al ‘25, abbiamo come Ministro dell’economia De Stefani. Egli attua delle teorie e pratiche liberali, cioè a vantaggio della proprietà privata, ma ciò comportò un’inflazione.

Si colloca di poi il secondo periodo col nuovo Ministro dell’economia Volpi di Misurata. Si ha un senso statalista dello Stato, una forte forma protezionista e delle politiche deflattive. In questo periodo si verificano due «battaglie»: quella del grano, che prevedeva il raggiungimento dell’autosufficienza alimentare, e quella di quota novanta, Mussolini nel 1926 stabilì che 90 lire equivalessero ad una sterlina. In questo periodo abbiamo delle difficoltà per le esportazioni a causa del protezionismo che attuò vere e proprie barriere doganali, ciò danneggiò quelle forme specializzate di esportazione, anche alimentari, quindi la piccola proprietà terriera o piccole industrie.

Il terzo periodo si colloca subito dopo la crisi del ‘29, cioè al termine dei cosiddetti anni venti che furono gli anni ruggenti. Qui abbiamo uno Stato molto forte, che ha il controllo statale dell’economia su vari aspetti. Essenzialmente sui lavori pubblici come la realizzazione di edifici, di ferrovie, di reti stradali, la bonifica di varie zone paludose, la più famosa l ‘Agro Pontino nel 1931-34, la fondazioni di nuovi centri urbani come Sabaudia e Littoria (attuale Latina). Ovviamente l’Agro Pontino risponde alle esigenze propagandistiche del regime, cioè quello di eliminare del tutto il problema della malaria, ma con la bonifica dell’Agro Pontino moltissime specie autoctone di animali si estinsero; qui è importante saper interpretare gli eventi della storia con senso critico.

Nel 1931 fu istituito l’ IMI (Istituto Mobiliare Italiano) e per l’ aiuto delle banche in difficoltà fu istituito l ‘IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) per soccorrere le aziende in crisi. La quarta ed ultima fase parte dal 1935 in concomitanza della guerra con l’Etiopia (1935-36) e dell’autarchia, cioè il tentativo dell’autosufficienza da parte del regime e dello Stato italiano. Si ha così una forte sollecitazione all’industrializzazione della Nazione, una produzione industriale elevata, ma ciò comportò un rincaro dei prezzi ed anche una crisi economica, in più l‘adduzione delle sanzioni da parte della Società delle Nazioni dopo l’ invasione dell’Etiopia.

Parlando dell’economia del Fascismo non possiamo desumerci dal parlare del corporativismo. Il corporativismo fascista è una teoria che riprende le corporazioni medievali, laddove i rappresentanti delle arti e dei mestieri si univano per decidere molteplici aspetti. Abbiamo dunque una teoria fondata su un’ipotetica conciliazione degli interessi fra imprenditori e lavoratori, ovviamente in gestione di queste corporazioni. Si può collocare ivi la Carta del Lavoro del 1927, che soppresse il diritto di sciopero e privò i sindacati di ogni autonomia organizzativa. I salari dei lavoratori si ridussero progressivamente nel corso del ventennio. Nel 1934 furono ventidue le corporazioni istituite senza attuare poi una reale funzione politica rilevante o economica. Nel 1939 la Camera dei Deputati fu sostituita con la Camera dei fasci e delle corporazioni, però l’ imminente conflitto mondiale impedì di procedere con la piena attuazione del corporativismo.

Una domanda ci è lecita: il fascismo ha avuto un consenso totale? Certamente no, infatti vi fu quello che è definito l’antifascismo. Il fascismo attuò forme repressive, gli oppositori furono costretti al carcere, all’esilio, alla clandestinità, al silenzio. Un caso a sé è quello di Benedetto Croce, grande intellettuale, filosofo neoidealista che si rifà a Marx e soprattutto ad Hegel. In questo caso il fascismo tollerò la figura di Croce, sia per la dimensione culturale del medesimo e sia per mostrare che il regime fascista era tollerante. All’esilio, invece, furono condannati Treves e Sturzo. Nel 1927 fu fondata a Parigi la Concentrazione Antifascista, un’aggregazione unitaria tra le diverse componenti dell’opposizione antifascista in esilio. Sempre a Parigi nel 1929 fu creato il movimento Giustizia e Libertà, per iniziativa di Carlo Rosselli che sarà poi assassinato. In carcere, per quanto concerne gli intellettuali italiani, vi finì nel 1926 Antonio Gramsci, colui che nel 1920 scrisse l’ Ordine Nuovo; egli scriverà i Diari dal carcere. Togliatti, altro grande intellettuale e figura di prima di primo ordine per quanto concerne la sinistra italiana, andò in esilio in URSS e ritornò in Italia solo nel 1944.

Trascrizione di lezioni sul Fascismo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *