il Nietzsche illuminista

Il secondo periodo di Nietzsche viene anche chiamato periodo illuminista poiché critica della società. Avevamo analizzato nella seconda considerazione inattuale la questione dello studio della storia non passivo, nozionistico, ma in maniera attiva criticando la società, gli eventi storici e le figure; soprattutto avendo la capacità di scindere dal passato, allontanarsi da esso, dimenticarlo, obliarlo perché il suo peso può annullare la vita, le forze vitali: l’individuo che è troppo incentrato nel proprio passato (o nello studio delle epoche precedenti) nella vita quotidiana, dimentica il presente e soprattutto il futuro.

Questo periodo critico è un periodo fecondo e vi sono molte opere interessanti che si potrebbero leggere. La prima che canonicamente si inquadra nel discorso illuminista è certamente Umano, troppo umano, dedicata a Voltaire, pertanto un altro richiamo. Tale periodo illuministico può anche essere chiamato genealogico, della genealogia. Che cos’è la genealogia? Lo studio di come nasce qualcosa, genesi (nascita), non è tanto differente dalla filologia; il filologo studia le parole scientificamente, la loro resa originale, la parola più giusta che era nell’opera, cerca di restituire la versione più accurata o quella per prima pubblicata o, magari, la più vicina alle intenzioni dell’autore, proponendo un metodo quasi matematico.

Pensiamo un attimo alla Divina Commedia, abbiamo 700 copie disperse quasi coeve di Dante, non la versione originale; un grande filologo ne analizza tutte (o quasi) e vede a quale è più vicina all’intenzione originarie e via di seguito. Questo studio che è molto scientifico, nel senso che ha degli strumenti scientifici ed una propria «oggettività», non differisce dalla questione della genealogia perché andare a cercare le cause, la genesi di alcuni eventi è un atteggiamento analogo. Abbiamo già visto con l’apollineo e dionisiaco, intuizioni totalizzanti nella visione del filosofo, come sia venuta spesso fuori la critica alla razionalità, simile in questo a Schopenhauer. Secondo Nietzsche, la razionalità viene vista come valore di forme di vita di una società decadente che hanno perso la loro veridicità (il dionisiaco), e l’equilibrio tra le due forze.

Stiamo vedendo il Nietzsche illuminista, il Nietzsche della genealogia, la «continuazione» del Nietzsche filologo: dallo studio delle parole si passa allo studio delle cause morali e religiose. Nietzsche illuminista ovvero critico, quindi che riprende ‒ in differenti contesti ‒ le modalità della Seconda Considerazione Inattuale quella relativa alla storia, dove lui propone lo studio della storia in senso «attivo», cioè nello sviluppare la capacità critica in merito agli eventi. Si ha così anche la filosofia del mattino, che rischiara; le tenebre provengono dal passato, sono il passato ‒ c’è una certa continuazione col pensiero precedente. La storia, si ricordi, imbriglia lo spirito libero, la creatività. Filosofia del mattino in quanto nuova, nuovi esseri umani capaci di far a meno del passato (forse c’è quasi un accenno ivi dell’oltre-uomo). Uomini che sono viandanti, il viandante e la sua ombra, per la terra; se si viaggia, non si ha paura, paura della vita autentica, tragica ‒ il dionisiaco…

La metafisica, invece, significa fuggire dalla vita, dal mondo vero, non quello fittizio di Platone; la metafisica è per gli uomini intimoriti, che hanno per l’appunto paura, terrore; terrore della vita autentica, quella dionisiaca fatta sia d’ebrezza sia di orrore (il tragico). La religione, spesso, si è basata sul guidare gli individui deboli, incanalarli dove si è voluto; si ha così la morale del gregge, dell’uomo addomesticabile, che sarebbe incapace di governarsi da solo, di governare i propri istinti, di sopportare la vita. Il senso della religione, della metafisica, è dare un ordine, un ordine che realmente non sussiste in quanto si dà solo il Caos; un ordine fittizio, una favola che addolcisce la vita. L’oltre-uomo (l’Übermensch), diversamente, riesce, con letizia (gaio), ad essere «ciò che è», a prendere su di sé il proprio destino e ad essere uno spirito libero, un vero viandante. Vivere nel Caos è rischioso, ma l’oltre-uomo deve e può compiere ciò riconoscendo in esso la bellezza, la sapienza, persino la forma: bisogna riconquistare l’innocenza, accettare la vita, comprendere le illusioni, andando oltre di esse, oltre il dolore e la sua facile consolazione (come la metafisica). A partire da Platone si è sacrificato il mondo reale, del divenire, per un mondo fittizio; si è sacrificato il mondo del Caos, con tutta la sua bellezza, per un mondo irreale, metafisico (si ricordi l’iperuranio), che svilisce, quasi insulta, il «nostro» mondo. Tuttavia la metafisica, il mondo apollineo, dà sicurezza, persino un ordine sociale, oltre che la felicità, felicità basata sulla menzogna, sempre per poter vivere… le illusioni apollinee servono alla vita.

La ragione non è squisitamente scientifica, visto che Nietzsche ha un rapporto peculiare con le scienze (passa dal denigrarle a lodare completamente l’attività dello scienziato definendolo come un autentico filosofo), ma cerca di comprendere la realtà, ivi la sofferenza stessa. Si comprende che la ricostruzione della genealogia significhi la ricostruzione dei valori, che hanno un carattere storico e relativo. Pur le leggi sono relative, non universali. Ricordiamoci che lui sostiene che non esistano fatti, ma solo interpretazioni. Ritroviamo una sorta di prospettivismo quasi relativistico. La conoscenza di qualsiasi evento soprattutto di quelli morali, non consiste in una conoscenza scientifica, ma prospettica. Pertanto non c’è nulla di stabile e definitivo. Ribadiamo che l’apollineo è il tentativo dell’uomo di creare illusioni per vivere, sentire la vita meno angosciante; mentre il dionisiaco significa l’accettazione della vita, del reale, pur con gli elementi tragici. Nelle magistrali parole di Nietzsche:

Che cos’è dunque la verità? Un mobile esercito di metafore, metonimie, antropomorfismi, in breve una somma di relazioni umane che sono state potenziate poeticamente e retoricamente, che sono state trasferite e abbellite, e che dopo un lungo uso sembrano a un popolo solide, canoniche e vincolanti: le verità sono illusioni di cui si è dimenticata la natura illusoria, sono metafore che si sono logorate e hanno perduto ogni forza sensibile, sono monete la cui immagine si è consumata e che vengono prese in considerazione soltanto come metallo, non più come monete.

Apollo significa illusione, ricordiamo; ma le illusioni servono alla vita.

Lo studio della genealogia è lo studio delle credenze popolari, religiose e metafisiche, cioè di tutte quelle credenze che vengono nutrite dalla categoria apollinea, dalla bella parvenza, dalla rappresentazione, dalla falsità. Le credenze morali, religiose e metafisiche secondo Nietzsche si basano sulla falsità sul creare un mondo irreale ‒ nel film della Cavani è ben espressa la questione della critica alla morale.

Per Nietzsche i valori morali vanno analizzati secondo un punto di vista storico, non in senso Hegeliano cioè l’Idea, lo Spirito Assoluto che diventa sempre più cosciente di sé (con l’alternarsi di figure storiche), ma storiche nel significato di come siano nate. Si è arrivati in un punto in cui gli istinti, i sentimenti di una parte degli uomini, un po’ come avviene in Hobbes (ove la violenza intrinseca umana è placata per un bene maggiore), hanno preso il sopravvento creando valori culturali, non naturali ovvero non intrinseci; valori creati dalla cultura, da esigenze storiche effettive, non sono pertanto inscritti nel cuore, ma reazioni a periodi storici. Ad esempio Socrate sarebbe l’espressione del periodo storico decadente dove viene meno l’apollineo/dionisiaco, l’apollineo prende il sopravvento e dunque l’uomo diventa razionale, giusto e virtuoso, a discapito del dionisiaco.

La questione dell’analisi continua di quello che ha più valore secondo l’uomo moderno porta Nietzsche al prospettivismo, cioè non esiste più una verità assoluta: non esistono fatti, ma solo interpretazioni. La nostra conoscenza è sempre prospettica perché legata ad un punto di vista (storico o individuale che sia), non ci sono fatti oggettivi. Vediamo un attimo una differenza: Marx e Hegel pongono come soggetto la massa, la coscienza universale e di popolo, mentre Nietzsche parla di coscienza del singolo, quando parla di coscienza del popolo ne parla in senso dispregiativo ‒ in letteratura gli autori citano il vulgo e la plebe. Nietzsche ha sempre un sentimento molto aristocratico ed elitario, sia nelle sue opere sia nel suo modo di vivere e pensare; per Eraclito ci sono gli uomini svegli che non sono dormienti, per Nietzsche vi sono uomini che sono capaci di comprendere che non esistono valori assoluti, ma solo prospettive; e che si rendono a sé valore e metro di giudizio (per questo non è relativistico, ovvero c’è un valore ed è basato sull’uomo ben riuscito: Pindaro, Eraclito, Napoleone etc.).

I valori morali sono certamente nati a partire da qualcuno, in senso storico, esso ha stabilito che fosse giusto non rubare, fosse giusto non comportarsi in una determinata maniera in pubblico; secondo taluni queste sono verità universali, verità inscritte nell’animo dell’uomo. Per Nietzsche tali valori universali in realtà sono prodotti di singoli uomini storici e soprattutto rispondono ad esigenze (ricordiamo Umano, troppo umano). Quel che era valido nell’antico Egitto o nella Grecia arcaica, non era valido nella Prussia dell’Ottocento e non lo sarebbe per i nostri giorni: prendiamo come esempio il razzismo, la violenza, la legge del taglione. Ogni fatto, ogni evento non esiste, esiste l’interpretazione del fatto, cioè la prospettiva di quel fatto. In un ambito linguistico possiamo deformare questo pensiero e sostenere che esistono i discorsi, non gli eventi.

Nella questione della genealogia, cioè nell’analisi delle credenze metafisiche e dei valori morali, abbiamo precedentemente preso come riferimento Socrate, così riprendiamo anche il discorso de La Nascita della Tragedia. Socrate ha smarrito il dionisiaco, l’accettazione della volontà di vivere ossia l’accettazione dell’evento tragico, a favore dell’ottimismo ingenuo; quando il filosofo greco viene infatti condannato a morte festeggia, incapace di cogliere le reali dinamiche della vita, vita intesa come dolore secondo Schopenhauer, mentre per Nietzsche v’è un aspetto tragico: di questo dolore qualcosa possiamo farne. Ovviamente queste visioni criticano l’accettazione passiva che l’Occidente sia la culla della Civiltà e dei Diritti dell’uomo, sminuendo le altre possibili visioni.

La vita non ha un senso:

C’era una volta ‒ in qualche angolo sperduto in mezzo allo sfarfallio di innumerevoli sistemi solari sparsi per l’universo ‒ un pianeta in cui degli animali intelligenti inventarono la conoscenza. Fu l’attimo più presuntuoso e più ipocrita della “storia universale”: ma fu solo un attimo. Dopo pochi respiri della natura quel pianeta si irrigidì e gli animali intelligenti morirono.

Quando parliamo di questo periodo parliamo di un periodo scientifico, della scienza, de La Gaia Scienza, opera importante di Nietzsche, il cui contenuto lo si evince dal titolo. La vera scienza è gaia, liberatoria, liberatoria rispetto alla metafisica, alle false credenze. Nietzsche non era né scienziato né fautore delle scienze positive; ma prendiamo l’esempio la scienza chimica che analizza i singoli elementi nella loro natura e il loro rapporto con gli altri, dunque è un’analisi, così lui dice per l’appunto che fa una chimica delle idee e dei sentimenti, di nuovo ritorna in auge la genealogia dei valori, genealogia degli eventi e delle figure storiche. Immaginiamo un islamico che legge la Bibbia, un ateo che legge il Corano, non sono letture genuine poiché partono già da presupposti, non sono «letture chimiche». Essenzialmente l’atteggiamento di Nietzsche è il tentativo di analizzare in maniera scientifica ovvero in maniera prospettica quasi sperimentale, le varie sfaccettature i vari valori che appunto per lui non coincidono con l’apice dell’umanità, ma cose troppo umane.

Tutte le credenze, ad esempio l’emancipazione di Marx, i discorsi a favore degli operai, sono la sostituzione di un mito con un altro mito, oppure prendiamo il sostituire di Dio con l’umanità (Fiche e Feuerbach), al posto di Dio si pone il sentimento umano, l’umanità astratta concepita; ulteriore esempio gli uomini moderni che non vivono secondo il dettame cattolico, ma seguendo altri Dei (nei positivismi è il progresso). Per Nietzsche sono tutti nuovi idoli, nuovi valori che non sono assoluti, ma prospettivi, e sono prodotti come nel caso di Socrate da personaggi decadenti incapaci di cogliere la reale verità delle cose, il dionisiaco, la volontà cieca. Si ha così la filosofia del mattino, filosofia capace di liberarsi dal passato, dimenticarlo e accogliere l’irrazionalità dell’esistere, dunque la distruzione di ogni metafisica che tenti di ingannare con l’esistenza di una interpretazione oggettiva, di un valore universale, mondo creato dai metafisici, un mondo falsamente spacciato come il mondo vero, un mondo creato ad hoc.

di Giancarlo Petrella,
Proprietà letteraria riservata©

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