Kant e per la pace perpetua

Uno dei testi kantiani più suggestivo e importante è lo scritto Per la pace perpetua (1795), il quale mostra la dipendenza di tanti aspetti della sua filosofia dai problemi della teodicea, termine filosofico introdotto da Leibniz, per riassumere il problema, presente in molte religioni, della sussistenza del male nel mondo in rapporto alla giustificazione della divinità e del suo operato. L’occasione del saggio fu la pace firmata a Basilea il 5 Aprile 1795 tra la Repubblica francese e la Prussia, però già dieci anni prima, Kant aveva espresso le stesse speranze riguardo il futuro dell’umanità. Il tema è affrontato da Kant sottoforma di un trattato internazionale, includendo articoli preliminari e definitivi per la pace perpetua tra gli Stati, nonché due Supplementi: Garanzia e Articolo segreto per la pace perpetua (appendice divisa in due parti sui rapporti tra politica e morale).

La differenza fra articoli preliminari e articoli definitivi corrisponde alla distinzione fra: condizioni necessarie affinché vengano eliminate le principali ragioni di guerra tra gli Stati e condizioni necessarie per lo stabilimento di una pace duratura. Gli articoli preliminari sono sei e stabiliscono:

  1. L’impossibilità di considerare tale un trattato di pace, se sottoscritto con pretesti per una futura guerra.
  2. Il divieto di acquisto di uno Stato indipendente da parte di un altro per successione ereditaria, via di scambio, compera o donazione.
  3. L’obbligo dell’abolizione degli eserciti permanenti, figura del miles perpetuus.
  4. Il divieto di contrarre debiti pubblici in vista di un’azione da spiegare all’estero.
  5. Il divieto, per ogni Stato, di intromettersi con la forza nella costituzione e nel governo di un altro Stato.
  6. Il divieto, per gli Stati in guerra, di compiere atti che renderebbero impossibile la reciproca fiducia nella pace futura, trasformando le ostilità in una guerra di sterminio, escludendo quindi la pace perpetua.

Il primo articolo e gli ultimi due sono leges strictae, che valgono senza considerare le circostanze e sono di applicazione immediata. I rimanenti, invece, tendono conto delle circostanze, implicano la facoltà soggettiva di allargarli (leges latae) e permettono che se ne differisca l’esecuzione. La pace perpetua presuppone un insieme di misure contro la guerra.

Gli articoli definitivi stabiliscono tre necessità:

  1. La costituzione di ogni Stato deve essere repubblicana.
  2. Il diritto internazionale deve essere fondato sopra una federazione di liberi Stati.
  3. Il diritto cosmopolitico deve essere limitato alle condizioni di un’universale ospitalità.

Questi articoli si basano sul seguente postulato: gli uomini che possono reciprocamente agire gli uni sugli altri devono far parte di una costituzione civile. Lo stato di pace non è uno stato di natura, ma uno stato legale, il quale offre sicurezza contro ogni forma di ostilità.

Attualmente, la costituzione basata sui principi di libertà ed uguaglianza è repubblicana; ai fini della pace perpetua, è l’unica accettabile. La costituzione repubblicana è necessaria per la pace perpetua, ma non è una condizione sufficiente, poiché la pace perpetua richiede anche un ordine internazionale. Il punto è porre fine non ad una sola guerra, ma a tutte. Non basta un pactum pacis, occorre stringere un’alleanza. Per questo Kant immagina la nascita non di una repubblica universale, ma di un’unione federativa. Il problema non è fondare un super-Stato che assicuri la pace definitiva, ma costituire una lega permanente, che ponga riparo dalla guerra.

Il terzo articolo riguarda il diritto cosmopolitico, che regola i rapporti tra Stato e cittadini degli altri stati, così come il diritto internazionale regola i rapporti tra gli stati e il diritto interno quelli tra lo Stato e i propri cittadini. Inoltre, vi è un diritto comune al possesso della superficie della Terra. La superficie terrestre è sferica e gli uomini non possono isolarsi, devono convivere e coesistere. Ad ogni uomo va riconosciuto un diritto di vista universale, che deve essere limitato alle condizioni di una universale ospitalità: uno straniero che arriva sul territorio di un altro Stato non deve essere trattato ostilmente, ma non deve approfittarne per disgregare lo stato.

Compendio stilato dalla studentessa Aurora De Ionno, Liceo Scientifico Statale Antonio Labriola (RM).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *