Le Crociate. Guerra santa: Barbero

Alessandro Barbero, insieme a Franco Cardini è il più noto storico italiano, ed insegna Storia medievale presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale; tra i suoi molteplici libri vi è Benedette guerre. Crociate e jihad, dove tocca i nodi fondamentali dell’incontro/scontro fra il mondo cristiano e quello islamico.

Solitamente le crociate vengono presentate come una serie di missioni militari volte all’espansione e all’arricchimento delle potenze cristiane; in verità, quella che dai libri di storia è chiamata prima crociata, spiega lo storico, non si chiamava nemmeno crociata: infatti, queste missioni nascono in principio come pellegrinaggi, in seguito armati, in Terra Santa.
La prima effettiva crociata portò a una grande conquista territoriale. I crociati diretti verso Gerusalemme vi si recarono a piedi, attraversando i Balcani e l’Asia Minore; ma quando si trovarono di là dall’impero bizantino, in terra islamica, cominciarono a conquistare e ad occupare stabilmente i territori che attraversavano. Il risultato di ciò fu il Regno di Gerusalemme. La crociata divenne un istituto giuridico quando, dopo l’istituzione di questo Regno, di fronte alla reazione musulmana, si comprese la reale portata dell’evento.
L’Europa sta vivendo, all’inizio dell’undicesimo secolo, un grande sviluppo demografico, e molti uomini desiderano lanciarsi in questa avventura con il pretesto nobile del pellegrinaggio e della salvezza: la combinazione di un’enorme passione religiosa, da un lato, e la mancanza di altre prospettive, dall’altro, fanno in modo che la prima crociata diventi un enorme successo. Come si può vedere, la motivazione economica e di espansione occupa un posto di secondaria importanza nell’analisi delle ragioni.
Solo il Papa poteva dichiarare una crociata, e tutti coloro che partivano avevano il diritto di cucire una croce sull’abito ed erano ufficialmente riconosciuti come crociati, con il riconoscimento di privilegi annessi ‒ dilazionamento del pagamento dei debiti, non possono venire confiscati la mandria o la casa in propria assenza, se il crociato dovesse morire vi sarà una tutela particolare sui suoi beni (ciononostante, proprio questi privilegi e l’istituzione giuridica annessa, spegneranno a poco a poco il fervore e l’entusiasmo religioso). C’è da segnalare che ogni crociato costa allo stato, o meglio al Re, i quali sono pur vogliosi di parteciparci, a partire dalla seconda crociata, ma avendo la possibilità di tassare il clero. Questa problematica si instaura nell’atavico rapporto, per quanto concerne l’aspetto economico, tra Chiesa e sovrano; pur se con malavoglia, qual volta, sotto l’ordine del Pontefice, il clero pagherà questi tributi.
Perché i cristiani presero Gerusalemme? Con l’arrivo dei Turchi, a partire dall’inizio del X secolo, l’Impero Arabo unificato crollò in una galassia di sultanati, emirati e principati spesso in guerra tra loro. I turchi, recentemente convertiti all’Islam, erano più militanti e meno aperti al dialogo degli arabi. Barbero spiega: nasce questa idea: siccome andare a Gerusalemme in pellegrinaggio è diventato molto pericoloso, e quelli che comandano a Gerusalemme e nei dintorni, i Turchi, è gente con cui è difficile fare accordi, ci andiamo in tanti, tutti insieme, e ci andiamo armati. Questo è il nucleo della prima crociata, che quindi è un pellegrinaggio. Quando arrivano i pellegrini armati, i cronisti arabi e turchi reagiscono in un modo molto curioso. Non riescono a immaginarsi che questa marea di infedeli abbiano ragioni religiose. Inventano delle spiegazioni politiche perché l’idea di riconoscere alla controparte una passione religiosa sfugge loro. Perciò l’arrivo degli invasori suscitò grande fervore religioso tra i musulmani, che a quel tempo erano molto frammentati: sono le piazze che spingono. La folla scende in piazza per costringere i capi alla guerra santa (jihad). Questo perché, continua Barbero, nel Corano effettivamente è previsto il caso in cui i fedeli possono o devono combattere per difendere la fede. Non come aggressione di popoli, ma, appunto, per difendere la fede dagli invasori.
Nella prima parte del libro, Barbero ricostruisce l’avventura della conquista e della perdita del Santo Sepolcro, il tentativo di riconquistarlo e la caduta del Regno di Gerusalemme, attraverso figure fondamentali come Goffredo di Buglione, Luigi IX di Francia (il Santo) e Riccardo Cuore di Leone, tenendo sempre presenti due aspetti fondamentali: fede e interesse; nella seconda, confronta l’idea cristiana di guerra santa con l’idea islamica di jihad ed è sorpreso di quanto sia arrivato il pensiero cristiano (partendo dal ripudio completo delle armi e del servizio militare nei primi secoli di diffusione del cristianesimo) nell’esaltare la guerra e nel paragonare al martirio e alla santità non solo il fatto di morire combattendo gli infedeli, pur il fatto di ucciderli.
Allo stesso tempo stupisce constatare con quanta incisività il Corano presenti come necessaria una guerra contro i nemici di Dio in relazione alle citazioni bibliche. La più interessante, quindi, è la terza parte del libro, che descrive il modo in cui i crociati sono visti e raccontati dalle nazioni che incontrano attraverso gli occhi degli «altri». Ad esempio, Anna Comnena, figlia dell’imperatore bizantino Alessio, li descrive dal punto di vista di una donna colta che si sente erede dell’Impero Romano. Anna vede la verità dei motivi ideali di massa, il fermento di persone che non hanno nulla da perdere e che si sono mosse per motivi veramente religiosi, ma considera i leader come avidi calcolatori, li considera ambiziosi, irrazionali e pur se appassionati, riconosce che sono grandi combattenti, ma si scandalizza che abbiano preti che portano armi, li considera maleducati, gente logorroica e non sa come comportarsi. Da segnalare, che gli stessi crociati fanno fatica ad ammettere che i «nemici» non siano i bizantini (tanto sono diversi i due mondi); devono andare ancora un po’ più in là per incontrare i musulmani.
A Gerusalemme, anche quando è nelle mani dei cristiani, i musulmani possono pregare pacificamente negli stessi spazi e accanto alla chiesa è costruita una moschea, nonostante le reciproche differenze. Non si tratta di aprirsi all’altro, ma di riunire l’altro: i crociati ammirano così tanto i turchi che a un certo punto si convincono che anche loro sarebbero degni di essere cavalieri (citiamo la leggenda secondo cui Saladino sarebbe venuto di nascosto in Europa, sarebbe diventato cavaliere, avrebbe avuto una relazione con Eleonora d’Aquitania e si sarebbe convertito al cristianesimo al momento della sua morte).

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