Non c’è una soluzione intermedia

In Kant, le azioni sono sempre giudicabili a partire proprio dall’intenzione, dal «principio interiore delle massime», sul quale si può giudicare la moralità dell’azione; ovvero l’intenzione consiste nel «primo fondamento soggettivo dell’accettazione delle massime»; si ha una buona intenzione o una cattiva intenzione, non v’è una via di mezzo. Intenzione che si estende universalmente all’intero uso della libertà, è una sola e viene colta dal libero arbitrio – altrimenti non potrebbe essere imputabile. Il libero arbitrio accetta le intenzioni, di tale evento non si può conoscere il fondamento soggettivo, né la causa; tale intenzione è come una proprietà dell’arbitrio stesso (su di lui giace), che le spetta per natura, benché essa sia fondata essa rimandi alla libertà e perciò all’essere imputabile. Se l’uomo accoglie il motivo della sua massima, il libero arbitrio viene determinato a un’azione; mentre per natura si intende il principio soggettivo dell’uso della libertà, ovviamente sotto leggi oggettive, principio anteriore ad ogni fatto che cade sotto i sensi.

Due constatazioni sono necessarie: 1. l’arbitrio non può determinarsi senza alcun movente; 2. la ragione non può essere una ragione malvagia, una volontà assolutamente cattiva, una ragione che si sottrae alla legge morale; in questo caso l’opposizione alla legge sarebbe un movente, e il soggetto diverrebbe così un essere diabolico. Dunque la ragione non è malvagia; dunque il soggetto ha sempre bisogno di moventi per agire, per essere considerato libero.
Aggiungiamo che non sussiste la corruzione della ragione legislatrice, la ragione non può distruggere l’autorità della legge e negare gli obblighi che ne derivano. La ragione non può allontanare da sé in un «luogo» arcano e remoto la legge morale. Un essere libero, nei propri atti, ma sciolto dalla legge a lui corrispondente (nell’uomo la legge morale), sarebbe come pensare una causa efficiente, che agisce, senza nessuna legge: le determinazioni secondo leggi fisiche non possono esserci in un ambito morale. Un essere libero è tale poiché sussiste la legge morale, che può egli prendere come massima o meno; senza i quali non può considerarsi nemmeno agente.
La legge morale è un movente dell’azione: la mancanza del fondamento del bene, della legge morale, lo zero ‒ laddove il bene positivo sarebbe A e il male positivo -A (voluto e imputabile), suo contraddittorio (del bene) ‒ non sussiste poiché in noi v’è sempre un bene («l’accordo dell’arbitrio con la legge»), un A, intenso proprio come movente dell’arbitrio (che cosa non è una legge se non una guida che indica?). In Kant l’uomo, eticamente parlando, non è avvolto in un mare in tempesta; e se lo fosse, potrebbe da sé avere le forze per sopravvivere al naufragio. In conclusione, presupposto che la mancanza di un movente morale sia 0, Ax0 non può dar mai -A.

da La religione entro i limiti della sola ragione

Solo la legge è per se stessa un movente, a giudizio della ragione, e chi la prende per sua massima è moralmente buono.

Quel bene sempre presente è la legge morale. Tuttavia nessun movente può determinare un’azione, se non quando l’uomo abbia assunto il movente in questione nella sua massima, cioè l’abbia preso a regola del proprio agire, così un movente può sussistere insieme alla spontaneità dell’arbitrio (con la libertà). L’uomo ammettendo un movente, rendendolo guida del suo agire, esplica la propria libertà e non può non scegliere un movente, non può non agire e non agire consapevolmente finché è libero e consapevole.
Può scegliere un movente che si oppone alla legge, un movente opposto alla legge che influenza l’arbitrio: l’intenzione del soggetto di fronte alla legge non è mai indifferente. Concludendo, la mancanza dell’arbitrio con il movente che è la legge morale significa esclusivamente una sua opposizione («conseguenza di una determinazione opposta dell’arbitrio»), come un arbitrio cattivo; non già mai una sua indifferenza. Si comprende che l’uomo buono è colui che ha preso la legge morale come sua massima; mentre una regola significa essenzialmente libertà, libertà di seguirla o meno. Sembrerebbe quasi che affinché vi sia il male, non può sussistere l’indifferenza nella moralità.

stilato dal docente Giancarlo Petrella

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