Hegel e il negativo

La meditazione hegeliana sul negativo è prevalentemente di matrice giovanile, non si tratta esclusivamente di un interesse intellettuale, bensì di uno esistenziale, il quale assume tuttavia la veste della necessità logico-dialettica propria del sistema; il negativo è il vero tema che percorre tutta la filosofia di Hegel.

Inizialmente esso rimanda ad uno squilibrio profondo che caratterizza tutta l’umanità e di cui il filosofo prende coscienza, ad una lacerazione autentica dell’anima, per diventare poi il termine di mediazione attraverso cui sanare questa stessa lacerazione.

Nella Prefazione al la Fenomenologia dello Spirito, Hegel sottolinea quella “potenza del negativo” che, in ultima analisi, si identifica con la stessa vita dello spirito, in quanto rende fluidi i pensieri solidificati in virtù della distruzione, della morte. Il racconto del processo dialettico della ragione all’interno di quest’opera si articola in tre “fasi”: tesi, antitesi e sintesi. La tesi coincide con il momento affermativo, l’antitesi con quello negativo e la sintesi è il momento del “ritorno” tenendo conto dell’affermazione della tesi e dell’antitesi.

La sintesi è il momento terzo più ricco e fertile poiché ha dentro di sé la positività della tesi, la negatività dell’antitesi e il superamento di quello scontro. La maggior parte della “fertilità” si colloca all’interno dell’antitesi, perché senza antitesi non ci sarebbe sintesi, da qui deriva il concetto estremo del travaglio del negativo, in quanto la sintesi è essa stessa un travaglio. (Esempio= Donna che partorisce prova travaglio, ma da quel dolore nasce la vita, senza il dolore non ci sarebbe la nascita, dolore necessariamente funzionale alla vita). L’antitesi può essere profondamente negativa, corrisponde ad un travaglio lacerante da cui sorgerà un equilibrio migliore. Hegel porta come esempio la guerra, vista come tribunale della storia e necessaria al miglioramento della civiltà e dello stato.

Il negativo è la porta d’accesso che conduce alla sintesi, alla felicità, passando attraverso la lacerazione. La dialettica, prima di essere un metodo, è un’esperienza attraverso cui Hegel passa da un’idea all’altra. La negatività è il movimento stesso attraverso cui uno spirito procede continuamente al di là di ciò che è». Il negativo e la negazione diventano gli strumenti del movimento dialettico, sono «il movimento stesso», mentre la dialettica è il motore della realtà.

La dialettica Hegeliana ha alla base la concezione della realtà come processo che si sviluppa mediante contraddizioni: la realtà è l’unità delle contraddizioni, e la verità è la struttura di tutte le verità; ogni singolo concetto, ogni determinazione, non ha senso se isolato e preso singolarmente al di fuori della totalità. Le contraddizioni, per Hegel, diversamente da Kant, che le considera solamente formali, sono interne alla realtà: è la stessa tensione immanente ad ogni finito che porta quest’ultimo a negarsi.

La contraddizione nella dinamicità “Affermarsi-negarsi-riaffermarsi” (Tesi-antitesi-sintesi), tipica del pensiero dialettico, assume un valore importante, in quanto le contraddizioni sono fallaci in ogni matematica e logica applicata, ma nella ragione assoluta sono fondamentali, sono come delle molle per superare le contraddizioni stesse. Una realtà contraddittoria è una realtà fertile, le contraddizioni in seno alla ragione assoluta sono quelle che ricadono nella realtà e sono dunque le molle per il divenire della realtà stessa.

Si tratta di una dialettica ottimista, in quanto il negativo per Hegel sussiste soltanto nel suo farsi positivo, il negativo è funzionale al positivo e al momento della positività, il negativo non è in se punto di arrivo ma punto di transizione, sussiste soltanto nel suo farsi sintesi e dunque nel suo farsi positivo. Il negativo, oltre ad essere il motore della dialettica, lo è anche della storia, in quanto le esperienze negative generano riflessione. La negatività si manifesta nelle figure del desiderio, della lotta, della morte e del lavoro. Ognuna di esse è caratterizzata dalla negazione del dato, immediato, naturale, animale; ma è una negazione che è insieme distruzione e creazione: staccandosi da un mondo naturale e animale, l’autocoscienza perviene ad un mondo storico e umano. Ciò che determina l’uscita dell’autocoscienza da se stessa è il desiderio di riconoscimento, che non è un desiderio puramente animale, motivato da una qualche pulsione biologica, ma è rivolto costitutivamente all’altro.

Scrive Hegel:

l’autocoscienza raggiunge il suo appagamento solo in un’altra autocoscienza

Tale desiderio di riconoscimento passa attraverso il conflitto fra le autocoscienze, dove non c’è mai la morte, ma il subordinarsi dell’una all’altra nel rapporto servo-signore. Il signore o padrone è colui che ha rischiato per affermare la propria indipendenza, mentre il servo si è arreso perdendo la libertà. Tuttavia attraverso la paura della morte, il servizio ed il lavoro, il servo può formare sé stesso e invertire i ruoli.

Compendio stilato dallo studente Luca Nardella, Liceo Scientifico Statale Antonio Labriola (RM).

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