il Capitale di Marx

Nelle lezioni precedenti abbiamo analizzato vari aspetti: abbiamo visto che il salario dell’operaio non è congruo a quanto lui effettivamente produce (quindi al valore stesso dell’operaio), dunque anche l’operaio ha un suo valore dato dalla capacità produttiva. Successivamente abbiamo visto che esiste un tempo di lavoro supplementare, in cui vi è il capitalista che non paga l’operaio e qui entra in gioco il plusvalore. Abbiamo potuto vedere il valore di scambio e compreso che esso non coincide con quello di uso e con il prezzo finale.

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Carlo Magno e i Sassoni

Si trattò della campagna militare in assoluto più lunga e più ardua che Carlo abbia mai fatto. Si combatterono in tutto diciotto battaglie e si conclusero con l’annessione della Sassonia al regno dei Franchi, e con la conversione di questi al cristianesimo dal paganesimo germanico. Il territorio sassone si può suddividere in quattro regioni diverse: Ostfalia, Angria, Vestfalia e la Nordalbingia.

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Marx, il plus valore

Abbiamo visto precedentemente il concetto di struttura e sovrastruttura a cui possiamo allacciare la questione della ideologia. Una delle ideologie più persuasive dell’epoca di Marx è il capitalismo cioè l’accumulo incondizionato di ricchezze, di denaro. Vi è un’opera, la più importante di Marx che s’intitola per l’appunto Il Capitale, il cui primo libro è stato pubblicato quando era ancora in vita; a quest’opera si riallacciano problemi di natura economica, filosofica e, ovviamente, morale. L’ideologia fondamentale del capitalismo è quella che sostiene che sia l’unica realtà possibile, non può darsi un’alternativa. Invece abbiamo visto che secondo Marx esiste una possibile alternativa, che già fu e potrebbe essere (il feudalesimo prima o il comunismo nel futuro). Questa naturalizzazione del capitalismo viene criticata da Marx e siccome egli è un materialista inizia a parlare proprio delle merci.

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struttura e sovrastruttura

Di Marx vedremo due aspetti importanti: il primo è la questione del materialismo storico dialettico e l’altro è il capitale e le eventuali critiche in esso contenute. Abbiamo visto in classe la questione del calvinismo, ma perché è importante e cosa c’entra? Bisogna dire che Calvino aveva posto come segno della Grazia Divina la ricchezza, cioè l’accumulo di denaro: in questa impostazione colui che ha benessere, prodotto dal lavoro, è già in qualche modo salvo, è segno della Grazia che diventa visibile e sicura tramite la ricchezza (generata dal lavoro). Di conseguenza, il povero è quello che commette il peccato ed è escluso dalla Grazia di Dio; impostazione molto diversa da quella del Medioevo, dove il povero era la presenza di Cristo nella società.

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la rivoluzione francese

Già con l’aiuto verso la guerra di indipendenza americana, la Francia si indebitò di 2 miliardi di lire. Si aggiunse quindi quello che era il problema della riscossione delle tasse, dato che non tutti i cittadini erano facilmente rintracciabili, i pesanti costi di manutenzione, il disastroso raccolto nel 1788 e l’aumento del costo del pane non poterono portare ad altro se non alla convocazione degli stati generali nel 1789 (la quale ultima convocazione avvenne nel 1614), per cercare di risolvere l’immensa crisi politica economica e sociale. Siamo nel 5 maggio 1789. Crisi economica causata dalla guerra d’Indipendenza americana, dal lusso e dagli interessi verso coloro cui lo Stato aveva chiesto prestiti. Precedentemente, a partire dal 1740, per sanare le casse dello Stato furono aumentate le tasse; da qui il malcontento del Terzo Stato, l’unico che le pagava effettivamente. Si intuì che pur la nobiltà e il clero avrebbe dovuto pagarle. Gli stati Generali furono composti da 1139 rappresentanti eletti dai tre ordini; abbiamo anche le Cahiers, per l’appunto i Quaderni delle lamentele, ben collocabili in questo contesto.

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Fascismo, dittatura

Nel 1925-26 si hanno le cosiddette leggi fascistissime, in cui il regime diventa regime totalitario. Abbiamo la fascistizzazione dello Stato e della società. Si verifica il controllo delle istituzioni statali e delle organizzazioni sociali, la repressione del dissenso, l‘acquisizione del consenso ottenuto attraverso un sistema di educazione e di iniziative in campo assistenziale. Da qui si ha il tramonto dello Stato liberale, il quale era stato incapace di attuare le speranze della Prima Guerra Mondiale e del dopoguerra rispetto a tutte llassi sociali a partire dai contadini e operai, fino ad arrivare ai latifondisti e all’ alta borghesia. Per quanto concerne la propaganda bisogna sottolineare che essa si avvalse dei moderni mezzi di comunicazione di massa come il cinema, la radio e la stampa. Senza questi mezzi probabilmente il fascismo non ci sarebbe stato o non avrebbe avuto quella persuasione che lo caratterizza. Abbiamo una mobilitazione delle masse veicolata attraverso l’ indottrinamento ideologico e celebrativo del culto della persona cioè del duce. “Il duce del fascismo” fu appunto una diretta del 1937 della MinCulPop (Ministero per la Cultura Popolare). Anche la stampa fu sottoposta ad una rigorosa censura. Le trasmissioni radiofoniche curate dalla EIAR ( Ente Italiano per le Audizioni Telefoniche) conobbero grande diffusione contribuendo ovviamente a sviluppare una nuova cultura di massa. Nel campo della cinematografia abbiamo l’istituto LUCE.

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Gentile, l’atto del pensare

Parafrasando il primo capitolo, La soggettività del reale, della Teoria generale dello spirito come atto puro, si evince che la realtà non è pensabile se non in relazione diretta con l’attività pensante per la quale è pensabile; essa non è un oggetto possibile, una mera possibilità, ma oggetto reale, concreto, attuale di conoscenza (Cfr. T, p.3). Il presupposto affinché la realtà sia pensabile è il concepire prima-di-tutto la mente in cui tale realtà si rappresenta; non si dà, ed è assurdo, il concetto di una realtà materiale (cfr. ibidem). Tale concetto, di sostanza materiale, corporea, estesa, di corpi, cioè di ciò che in generale si presuppone fuori della mente, è una contradictio in adiecto: «noi possiamo parlare soltanto di cose che sono percepite, e sono quindi oggetti di coscienza, idee» (p. 3).

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Morte di Dio e divenire

Lapidariamente, per Nietzsche il divenire è l’unica certezza. Abbiamo visto e abbiamo percepito come il filosofo faccia delle interpretazioni un metodo: un’interpretazione critica che non giunge mai a una verità stabile. Eppure sul Divenire Nietzsche non ha dubbi, è la cosa più certa in assoluto. Ritroviamo in tutte le opere di Nietzsche le intuizioni del dionisiaco e apollineo, e una di queste, il dionisiaco, significa il divenire: il divenire è l’esplicazione del dionisiaco, cioè il continuo mutamento, la non certezza di qualcosa di stabile, l’idea che l’essere stesso non sia mai definibile e definito. Pertanto il divenire è la verità dionisiaca, la verità del continuo perire delle cose.

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il Nietzsche illuminista

Il secondo periodo di Nietzsche viene anche chiamato periodo illuminista poiché critica della società. Avevamo analizzato nella seconda considerazione inattuale la questione dello studio della storia non passivo, nozionistico, ma in maniera attiva criticando la società, gli eventi storici e le figure; soprattutto avendo la capacità di scindere dal passato, allontanarsi da esso, dimenticarlo, obliarlo perché il suo peso può annullare la vita, le forze vitali: l’individuo che è troppo incentrato nel proprio passato (o nello studio delle epoche precedenti) nella vita quotidiana, dimentica il presente e soprattutto il futuro.

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