Becket e il suo re

Il cinema ha sempre avuto un ruolo rilevante nella vita di ciascun individuo, nella cultura, nella formazione e nell’informazione di ognuno di noi. Nel cinema, come nel teatro, la potenza comunicativa è enorme: favorisce uno sviluppo empatico fortissimo, mette in risalto le sfaccettature fantasiose, l’estro, la poetica di ogni anima. Tuffarsi all’interno di un film, o di un’opera teatrale, permette di nutrire la mente, il corpo e l’anima; entrarne in contatto costante e conoscere la storia che si sviluppa attraverso le vicende narrate apporta all’individuo una crescita morale, oltre che culturale.

Il cinema diventa quindi un vero e proprio varco sul mondo, il cui scopo non è solo quello di rappresentare una storia e quindi trasmettere un messaggio, ma soprattutto accendere una scintilla che porta ad un’inconsapevole apertura mentale nei confronti della novità e quindi sviluppare lo spirito di osservazione per mantenerlo sempre lucido e volto alla curiosità. Essendo però anche specchio del mondo, scrutando le passioni umane, le gioie e i tormenti dell’animo dei personaggi in scena, lo spettatore crea un collegamento e un varco attraverso il quale attuiamo una profonda introspezione scoprendo nuove sfaccettature della nostra personalità. E gli attori sono coloro che rendono possibile catapultarci in un’altra dimensione, attraverso la recitazione. Loro sono i veri narratori delle storie personali, delle sensazioni, delle emozioni e delle paure dei personaggi che interpretano dando vita a uno scenario inverosimile che però è familiare alla quotidianità di ognuno. I film quindi sono strumenti che si riferiscono a svariati contenuti dei più diversi ambiti; possono diventare mezzo di formazione ed informazione soprattutto tra il pubblico giovanile poiché utilizzano un linguaggio che i più giovani conoscono e recepiscono. Proprio per questo il cinema è diventato con il tempo un protagonista indiscusso della divulgazione; diventa infatti parte integrante della didattica scolastica per la sua potenza comunicativa attraverso il linguaggio parlato, visivo, gestuale e musicale. Permette di entrare in contatto e di osservare realtà diverse e riesce a mettere a fuoco una situazione problematica, grazie alla sua capacità di raccontare una storia nel breve tempo di un filmato e alla forte presa emozionale del linguaggio: per questo può diventare uno strumento molto utile per presentare un problema di tipo sociale, politico, storico, ambientale. Inoltre grazie alla sua potenza comunicativa, può far emergere stereotipi e pregiudizi mettendoli in discussione e favorendo l’ampliamento dei punti di vista, diventando così il cinema stesso che diventa oggetto dell’analisi interculturale, in una ricerca su come il linguaggio adoperato intervenga nel costruire l’immaginario collettivo, il senso comune e l’insieme dei valori di una società. È in questo contesto quindi che si inserisce il film storico, lo specchio del mondo del passato, che ci permette di osservare con i nostri occhi gli usi e i costumi di intere epoche, così come i linguaggi arcaici ormai in disuso, e di confrontarli con i nostri in maniera consapevole, e infine ricavare ciò che è cambiato e ciò che invece è rimasto intrinseco e invariato nel comportamento sociale e individuale. Nella pellicola presentata, Becket e il suo re, il contesto storico presentato è rilevante soprattutto nell’analisi dell’introspezione e del cambiamento dei due protagonisti, Becket ed Enrico II. L’intreccio narrativo si svolge circa cento anni dopo la conquista normanna dell’Inghilterra nel 1066. La conquista ha ampiamente spodestato la classe dirigente indigena, in gran parte anglosassone, sostituendola con una monarchia e un’aristocrazia straniera, di lingua francese, e una gerarchia clericale. Enrico si trova continuamente in conflitto con l’anziano Vescovo di Canterbury, che si oppone alla tassazione delle proprietà ecclesiastiche per finanziare le campagne belliche di Enrico contro la Francia. È proprio in questo frangente che viene presentata il conflitto tra la Chiesa e la Corona che si è perpetrato per tutto il Medioevo – scontro che ci verrà presentato anche da Tommaso d’Aquino, il quale detta le specifiche funzioni sia dello Stato che della Chiesa, e che verranno poi riprese da Dante Alighieri nel De Monarchia con la teoria dei due soli, secondo la quale lo Stato (in questo caso la Corona) debba preoccuparsi degli affari umani terreni, il potere temporale, mentre la Chiesa debba preoccuparsi del percorso dell’uomo per la sua purificazione, potere spirituale, e nessuna delle due forze deve sminuire o tantomeno attaccare l’altra potenza o prendere il suo posto e le sue funzioni, ma entrambe devono badare al proprio ‘emisfero’ senza perturbare così il delicato equilibrio e la stabilità che intercorre tra i due – e che influirà molto sulle vicende storiche e le decisioni prese da ambo le parti. Tornando ad Enrico II, dimostra di essere un re testardo, ambizioso, senza onore e senza rispetto nei confronti delle altre istituzioni, affermando continuamente di essere il re, la potenza suprema e l’unica potenza che ha il diritto di governare anche sulla Chiesa inglese, insistendo nel farle mostrare riverenza per la propria persona e figura. Dall’altra parte, però, abbiamo Becket, un plebeo per di più sassone che organizza le scorrerie, le bevute, le battute di caccia e le visite ai bordelli per il piacere del suo re quando non è impegnato nella direzione della corte. Vediamo come i due siano molto affiatati e quanto Enrico dipenda da Becket, affidandogli così il sigillo della Corona – il simbolo del Cancelliere – dimostrando così subito la forza e la persuasione comunicativa di Becket che, diventato diacono, volta le spalle alla sua Madre Chiesa che lo aveva investito dei poteri che aveva, trasformandosi nell’uomo del re e facendo dell’Inghilterra la sua Madre. A differenza di Enrico, però, è un uomo molto intelligente e umile, che già dai primi episodi in cui i due condividono la scena, inizia a vacillare capacitandosi della superbia, dell’arroganza e dell’infantilità di Enrico, culminata con il suicidio di Gwendalina, la donna amata da Becket ma che per onore alla promessa fatta al re è costretto ad abbandonare. Il completo cambiamento dei due si avrà quando Enrico affiderà a Becket la carica di arcivescovo di Canterbury, a seguito della morte del precedente chierico. Così Becket abbandona la Corona, diventando uomo e servo di Dio, affermando di voler difendere a tutti i costi l’onore di Dio e di riuscire a conciliare la Corona con la Chiesa secondo il verso del Vangelo di Matteo: <>. La sua controparte, ovvero Enrico, dimostrerà ancora una volta la sua superbia e la sua possessività dopo aver confidato a Becket l’amore che lo ha sempre legato a lui, affermando nel loro ultimo incontro sulle coste della Normandia, che Becket appartiene a lui. E con questi sentimenti contrastanti prenderà la sua decisione condannando a morte l’unica persona che lo abbia mai amato e che lo abbia reso tale. Becket, in cuor suo, accetterà e cadrà nelle braccia della morte con la coscienza pulita e pentita per i suoi comportamenti precedenti, sapendo di essere stato un degno difensore di Dio e di aver ridato vita e speranza alla Chiesa.

Scritto stilato dalla studentessa Francescapia Giannattasio, Liceo Scientifico Statale Antonio Labriola (RM).

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