il Capitale di Marx

Nelle lezioni precedenti abbiamo analizzato vari aspetti: abbiamo visto che il salario dell’operaio non è congruo a quanto lui effettivamente produce (quindi al valore stesso dell’operaio), dunque anche l’operaio ha un suo valore dato dalla capacità produttiva. Successivamente abbiamo visto che esiste un tempo di lavoro supplementare, in cui vi è il capitalista che non paga l’operaio e qui entra in gioco il plusvalore. Abbiamo potuto vedere il valore di scambio e compreso che esso non coincide con quello di uso e con il prezzo finale.

Abbiamo poi parlato delle situazioni pre-capitaliste, ad esempio quelle in cui la merce significa semplicemente denaro e denaro significa merce, senza che ci sia un accumulo di ricchezza; e quelle capitaliste in cui vi è l’incremento di denaro. Marx dedica all’uso del denaro un passo, che abbiamo letto a lezione, inerente a questo aspetto.

Abbiamo capito che il profitto del capitalista non si identifica nel plusvalore e abbiamo visto il capitale costante e il capitale variabile. Il capitale costante è quello investito nei macchinari, nella merce stessa, invece il capitale variabile è proprio, tra le altre cose, quanto vengono pagati gli operai.

Il profitto, invece, è qualcosa di inferiore rispetto al plusvalore ma ne dipende; ricordiamoci anche che il plusvalore è proporzionato alla quantità di lavoro non retribuito. Vediamo ora l’analisi negativa che fa Marx, di critica, al capitalismo in cui abbiamo delle contraddizioni: il capitalismo è una visione contraddittoria, o meglio una ideologia contraddittoria (ricordiamo che una ideologia è un insieme di teorie che si auto-giustificano, giustificano il sistema che le produce).

Uno degli aspetti che forse non abbiamo analizzato nelle nostre lezioni è la questione del feticismo delle merci: cioè l’idea che le merci siano come dei dati oggettivi nati da sé, naturali, come l’acqua, i sassi. Essi non devono avere dietro un microcosmo di persone che lavorano per la loro produzione, produzione che va dall’estrazione dei materiali primi fino al raggiungimento del prodotto finito.

Il capitalista è colui che ha la capacità di guadagnare sulle spalle altrui in maniera semplice, guadagna sul lavoro dell’operaio, che è superiore al valore investito. N.B.: Quando parliamo di valore d’uso e valore di scambio, dato che siamo in un’ottica materialista, dobbiamo collocarli in una data società, in un dato contesto storico e in una data posizione geografica, e non in senso astratto (come stiamo facendo ora esclusivamente a fini comprensivi); infatti queste non sono categorie a priori ma vanno applicate alle realtà che di volta in volta incontriamo.

Il capitalista sfrutta il lavoro altrui e quindi la sua la sua forza lavoro, viene considerata da Marx come una merce scambiabile perché abbiamo di essa sia un valore d’uso che un valore di scambio: il valore d’uso sarà nient’altro che la forza e le capacità produttive dell’operaio e il valore di scambio sarà quanto vale il suo lavoro (il salario); ma il valore di scambio della merce forza lavoro dell’operaio fa sì che aumenti il valore dell’oggetto prodotto, ovvero la merce forza lavoro dell’operaio è l’unica merce che fa sì che il prodotto valga di più. Questo avviene sempre alle spalle dell’operaio che non viene retribuito come dovrebbe in base a quanto produce.

Abbiamo precedentemente parlato di Marx che analizza anche l’aspetto tecnologico scientifico, ora lo ritroviamo in questi discorsi nel capitale costante, che sono i mezzi di produzione. Vi è un rapporto strettissimo con la scienza e con la tecnologia, col passare del tempo il variare del valore del capitale costante aumenta e abbiamo sistemi di produzione e macchinari più efficaci. Allo stesso tempo, cosa succede al capitale variabile? Esso diminuisce di valore, ed è quello che poi accadrà con l’introduzione dell’industria, ci sono meno artigiani che svolgono lo stesso lavoro che fa una macchina, e macchine più efficienti fanno sì che ci siano meno operai.

Questo però aumenta la disoccupazione, un altro grande problema, e proprio con la disoccupazione il mercato interno viene danneggiato perché vi sono meno persone che possono acquistare certi prodotti. Marx anticiperà la grande depressione dopo la seconda rivoluzione industriale alla fine dell’Ottocento, ne sarà quasi un profeta, parlerà di crisi della sovrapproduzione delle merci.

Questa crisi, o grande depressione, che avviene nel 1873 e negli anni a seguito, secondo Marx, è l’espressione costante delle contraddizioni insite nel sistema capitalistico, ed esso, siccome non è un sistema basato sull’equazione universale libertà uguale a razionalità (equazione Kantiana), ha delle contraddizioni, infatti non è razionale (per citare un termine Hegeliano).

Ultima grande figura di questa mole di osservazioni di analisi e riassunto su Marx è la caduta tendenziale del saggio di profitto, consistente in un’altra ennesima crisi del sistema capitalistico. Con l’ammontare poi della disoccupazione ci sono meno consumatori, e se ci sono meno consumatori c’è più povertà per tutti, qualcuno però sopravvive ed è il grande industriale, non il piccolo commerciante. Secondo Marx, il grande industriale, fa sì che la ricchezza tenda ad accumularsi sempre di più su poche persone invece la povertà sulle masse.

Di nuovo vediamo una lotta di classe impari però, perché i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri (altra ennesima contraddizione del sistema capitalistico secondo Marx). Qui possiamo collegare la questione dell’alienazione del lavoro, un lavoro ripetitivo, unilaterale, in cui il lavoratore poi diventa un mero ingranaggio, si aliena. Questioni che abbiamo affrontato precedentemente nelle altre lezioni ma le ritroviamo sempre nel capitale, perché comunque Marx non è un filosofo sistematico, come Hegel, ma certe idee ritornano, «serpeggiano».

Lo Stato borghese è complice del capitalista, infatti il capitalismo nasce grazie allo Stato borghese che bisogna distruggere. Marx non sarebbe stato affatto un riformista, perché non bisogna fare delle riforme nello Stato ma bisogna eliminarlo proprio. Qui si collocano, per finire, quelle questioni sulla dittatura del proletariato e sulla società comunista che abbiamo analizzato.

Trascrizione di una lezione su Marx.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *