la rivoluzione francese

Già con l’aiuto verso la guerra di indipendenza americana, la Francia si indebitò di 2 miliardi di lire. Si aggiunse quindi quello che era il problema della riscossione delle tasse, dato che non tutti i cittadini erano facilmente rintracciabili, i pesanti costi di manutenzione, il disastroso raccolto nel 1788 e l’aumento del costo del pane non poterono portare ad altro se non alla convocazione degli stati generali nel 1789 (la quale ultima convocazione avvenne nel 1614), per cercare di risolvere l’immensa crisi politica economica e sociale. Siamo nel 5 maggio 1789. Crisi economica causata dalla guerra d’Indipendenza americana, dal lusso e dagli interessi verso coloro cui lo Stato aveva chiesto prestiti. Precedentemente, a partire dal 1740, per sanare le casse dello Stato furono aumentate le tasse; da qui il malcontento del Terzo Stato, l’unico che le pagava effettivamente. Si intuì che pur la nobiltà e il clero avrebbe dovuto pagarle. Gli stati Generali furono composti da 1139 rappresentanti eletti dai tre ordini; abbiamo anche le Cahiers, per l’appunto i Quaderni delle lamentele, ben collocabili in questo contesto.

Il terzo stato, nonché la porzione maggiore della società (25 milioni di persone), rimase molto deluso da questa convocazione perché nonostante rappresentasse il 98% della popolazione, il voto era per ordine e non per testa. Dunque, per riassumere, la maggior parte dei francesi, chiedeva un peso in quelle che erano le decisioni che la riguardavano, ma veniva continuamente oppressa sia dell’aristocrazia, sia dalla monarchia. Secondo la borghesia, clero e nobilità erano parassiti avendo il 40% delle terre, pur essendo una parte minore della popolazione.

Le stanze che votavano erano tre: Nobiltà, Clero e Terzo Stato, e nella maggior parte dei casi nobiltà e clero si accordavano. Va certamente ricordata che un’altra piaga per il popolo consisteva nella decima, una sorta di tassa obbligatoria. Possiamo quindi dedurre il perché il Terzo Stato nel 17 giugno 1789, si riunì autonomamente, si ha così una nuova Assemblea Nazionale; con la volontà di rappresentare una nazione e non una singola classe sociale. Il Re, fu incapace di gestire le novità politiche, ne fu infatti terrorizzato, e finì per acconsentire alle lamentele della nobiltà. Il 20 giugno si chiusero le porte all’Assemblea, per tali ragioni il Terzo Stato si riunì nella sala della pallacorda, uno sport simile al tennis, giurando di non sciogliersi fino all’ottenimento di una nuova Costituzione. Si ha così il giuramento della pallacorda ‒ in questa assemblea, l’Assemblea Nazionale Costituente, vi furono anche parte del Clero e 47 nobili.

Il 27 giugno Luigi XVI fu costretto al riconoscimento della creazione di una Assemblea Nazionale Costituente comprendente tutti e tre gli Stati. Così si ebbero giorni concilianti, successivamente il Re tornò su posizioni intransigenti, licenziando Jacques Necker, dalle posizioni moderate. Un gesto eclatante, oltre quello della convergenza a Parigi di molteplici truppe armate. Ci fu una grandissima protesta per il licenziamento di Necker, Ministro delle Finanze, da parte del popolo che scese in piazza, in aggiunta per chiedere l’abbassamento del prezzo del pane. Durante la protesta del 13 luglio furono pur incendiati i castelli daziari alle porte di Parigi, ovvero i castelli dove si pagava un dazio per uscire ed entrare dalla città. Si verificarono numerosissimi saccheggi e violenze, molte opere artistiche furono distrutte.

Il 14 luglio 1789, i rivoltosi, in cerca di armi, assalirono la Bastiglia (simbolo dell’oppressione sociale e colma di armi); fu una lotta sanguinosa, ma vittoriosa per i ribelli. Nelle campagne la notizia dell’insurrezione diede il via a sanguinose ribellioni contro ecclesiastici e agli uffici delle imposte; nel mentre a Parigi è possibile sostenere che la borghesia sia riuscita a restaurare un certo ordine. In merito, il marchese La Fayette divenne capo della milizia, che permise allo stesso Sovrano, dopo aver accettato gli sviluppi, di potersi recare personalmente nella capitale. Ivi ovviamente il dibattito politico continuava, l’Assemblea decreta il 4 agosto 1789 l’abolizione feudalesimo (con la soppressione di ogni privilegio, il 4-11 agosto sempre del 1789); il 26 agosto 1789 la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino (diritti naturali, inviolabili; libertà di parola e di pensiero; uguaglianza di fronte alla legge; separazione dei poteri statali); mentre nel 1790 si ha la costituzione civile del clero. Liberté, égalité, fraternité

Successivamente si ebbe un periodo di relativa tranquillità con quasi un miraggio di monarchia costituzionale permanente, durante il quale il Re era affiancato da rappresentanti degli Stati nelle riforme; siamo nel 1791, laddove si scioglie l’Assemblea, terminati i lavori e il Re ha dovuto approvare quanto sopraddetto. Certamente le esigenze delle varie parti della popolazione erano diverse e molteplici, e ad aggravare la situazione fu la manovra di ripristinare l’Antico Regime con l’aiuto delle altre Monarchie. Si ha così il tentativo fallito da parte del Re di fuggire all’estero, la cosiddetta fuga di Varennes, presso il confine col Belgio, del 20-21 giugno 1791 (fermato a un posto di blocco) che fece alimentare la sfiducia verso la Corona.

Neanche in questa occasione, della fuga del Re, fu espressa un’unica opinione a riguardo: la mancata azione ‘punitiva’ verso il Sovrano creò letteralmente una spaccatura tra due principali fazioni: i foglianti, più moderati, e altri come Robespierre, il cui nome è celeberrimo, che esprimevano posizioni intransigenti verso la Corona, volendo costituire una Repubblica e perciò eliminando qualsiasi forma di Monarchia.

Il Club dei Foglianti (Feuillants) era un’associazione politica fondata il 18 luglio 1791, attraverso una scissione interna al Club giacobino, e sui resti della Società del 1789. I Foglianti esprimevano posizioni più moderate riguardo la Corona in confronto agli ‘spietati’ al fianco di Robespierre. Il loro nome deriva dal luogo di riunione: il Convento della Congregazione Cistercense dei Foglianti. Ricordiamo che la Società del 1789 (Société patriotique) fu un club della Rivoluzione formatosi dagli elementi più moderati dei Giacobini, inaugurato nel corso di un festoso banchetto presso il PalaisRoyal. Esso contava circa 300 membri, di cui 40 o 50 erano deputati dell’Assemblea nazionale costituente, con adesione esclusiva: tra i membri erano principalmente compresi politici influenti e uomini ricchi indipendenti.

A capo dei Foglianti vi era Lafayette che, nominato comandante della Guardia nazionale, aveva il compito di dirigere i rivoltosi. A questo condottiero si accostò la figura del conte di Mirabeau, scrittore, acceso oratore all’Assemblea Nazionale e segretamente difensore della Corona, morì per malattia nel 1791. Ad affiancare queste due figure v’è anche François Alexandre Frédéric de La Rochefoucauld-Liancourt che, eletto fra i membri degli Stati Generali, raggiunse la presidenza dell’Assemblea Nazionale, e difese il re fino ad offrirgli rifugio invano.

Sottolineiamo che c’era nell’aria il sogno di voler espandere la rivoluzione, questo non accade. Tornando alla Francia, nel settembre 1791 si ebbero le elezioni e il Parlamento, di 745 deputati, si riunì per la prima volta il 10 ottobre 1791. Durante questo periodo, nel pieno della rivoluzione, si distinsero le varie fazioni, tra cui i giacobini (Jacobins), i foglianti, moderati e favorevoli a una Monarchia Costituzionale ed i cordiglieri che erano invece più rivoluzionari, tra cui spicca il nome del celeberrimo Georges Jacques Danton. Ampliando il discorso sui club, ricordiamo che dopo la marcia su Versailles, che costrinse il re a insediarsi a Parigi, il Club nato a Versailles durante gli Stati Generali prese sede presso l’ex convento domenicano di San Giacomo (i giacobini). Il nome ufficiale del club era Società degli Amici della Costituzione, il quale consisteva in un’associazione politica atta a coordinare le relazioni parlamentari. Inizialmente il club ospitava esclusivamente i membri dell’Assemblea Nazionale, ma poi vi poterono parteciparono anche esponenti del giornalismo e della politica non parlamentare. Tuttavia va evidenziata che la quota di iscrizione era alta, 24 soldi; tassa che certamente escludeva e scoraggiava l’effettiva partecipazione popolare. Nonostante ciò, si diffuse il giacobinismo, inteso come forma di associazione politica a sostegno del processo rivoluzionario.

Ecco gli schieramenti politici: 1. Girondini moderati (a destra), portavoce del mondo degli affari (libero mercato) e dominanti l’assemblea. 2. Montagnardi giacobini e cordiglieri (a sinistra), a favore delle esigenze del popolo minuto. Sono per lo statalismo e il controllo di prezzi e salari. Controllano la Comune di Parigi e a loro volta si dividono in moderati (sì alla proprietà privata, ma con controllo sociale) e comunisti (nazionalizzazione delle terre). 3. Infine si ha la pianura detta anche palude (al centro). Tutti ovviamente sostenevano un governo rivoluzionario, tuttavia una grande spaccatura fu quella che aveva come oggetto la condanna o meno del re a morte: i girondini non erano affatto d’accordo, ma Robespierre convinse la ‘palude’. Dall’11 dicembre 1792 i deputati discussero sulla sorte del cittadino Luigi Capeto, ex Re Luigi XVI, sotto accusa per tradimento verso la Nazione e per cospirazione contro le libertà pubbliche. Il presidente dell’Assemblea, Vergniaud lesse alla Convenzione, che aveva già abolita la Monarchia (il 21 settembre 1792), domande alle quali ogni deputato doveva rispondere per appello nominale e motivando il proprio voto. Alla fine, lo scrutinio citerà: su 721 votanti 387 sono per la morte senza condizioni, 334 per la detenzione o la morte con rinvio. Il 19 gennaio 1793, di mattina, con 380 voti contro 310 la Convenzione respinge la richiesta di rinvio dell’esecuzione. Luigi Capeto ormai è del boia. L’ex Re indirizza alla Convenzione la richiesta di un rinvio di tre giorni all’esecuzione, per potersi preparare a morire. Il rinvio viene rifiutato. Il 21 gennaio 1793 Luigi XVI venne ghigliottinato insieme alla moglie. Nasce così la Repubblica francese. Si ricordi che nell’estate del 1792 era esplosa una nuova ondata rivoluzionaria guidata proprio dalla sinistra giacobina e cordigliera, conquistando il Municipio, ivi si insedierà una comune rivoluzionaria.

A violenza segue violenza; a evidenziare ciò nel settembre 1793 si ha la tristemente famosa Legge dei Sospetti; una legge che elevava il semplice sospetto al rango di prova di colpevolezza, nello specifico di tradimento della causa rivoluzionaria – pur già in essere a partire dall’espulsione Girondini – ossia la fazione moderata – dalla Convenzione. Si ha così una ​dittatura rivoluzionaria con a capo, Robespierre, leader del movimento, con Danton nel Comitato di Salute Pubblica, organo atto a scovare i nemici della stessa rivoluzione e caratterizzato dagli ampi poteri. Sempre in quell’anno, il 24 giugno, i giacobini fecero approvare una Costituzione democratica, con l’esclusione «ovviamente» delle donne.

Non bisogna stupirsi del fatto che lo stesso Comitato divenne uno strumento per eliminare i nemici di Robespierre, e fra questi comparve persino Danton, che criticò il radicalismo. La prima vittima fu Brissot, capo dei girondini, i quali passarono dalla sinistra alla destra della Convenzione, diventando i principali difensori del re: verranno tutti ghigliottinati. Si instaurò così il cosiddetto terrore giacobino,​ il regime del terrore, la dittatura rivoluzionaria, un periodo caratterizzato da un elevatissimo numero di condanne a morte e decessi nell’esercizio della repressione; regime instaurato dal novembre 1794 al luglio 1795. Consideriamo un attimo in merito la dura repressione in Vandea verso i controrivoluzionari che non vollero la leva obbligatoria, l’abolizione della nobiltà e la soppressione del culto cristiano: di nuovo nella storia non esistono semplici schieramenti ovvero non tutti i nobili furono contro la rivoluzione o tutti i contadini a favore.

Simbolo per eccellenza del Terrore nella capitale, il Tribunale Rivoluzionario, durante il suo periodo di attività, giudicò senza possibilità d’appello 5343 persone, di cui 2793 vennero ghigliottinate. Durante quegli anni, venne cambiato il calendario gregoriano, con nessun riferimento al cristianesimo. Dopo i massacri di settembre (2 settembre 1792), numerose chiese furono trasformate in templi della Ragione, a partire dalla Chiesa di Saint-Paul-Saint-Louis nel quartiere Marais. Il nuovo culto si espresse nel 1793 e nel 1794 attraverso cortei carnevaleschi, spogliazioni di chiese cattoliche, cerimonie iconoclaste e così via.

Ovviamente non stupisce che col venir meno della Monarchia potessero esser messe in gioco le ragioni di un governo giacobino. Ricordiamoci l’autorità economica che si manifestava in ogni settore: salari bloccati, requisizioni ai danni dei contadini etc. Queste questioni, unite all’intransigenza che certamente aveva tradito la fiducia del popolo, furono la causa del venir meno del consenso verso Robespierre e il 27 luglio 1793 (il nono termidoro secondo il nuovo calendario, costituito da 12 mesi di 30 giorni ciascuno, 12 mesi erano divisi in 4 stagioni) vi fu un colpo di Stato che portò all’arresto del leader giacobino stesso, che fu ghigliottinato. Perciò proprio al termine della rivoluzione, non vennero rispettate le famose dichiarazioni sulla dignità e diritti dell’uomo. Si ebbero le vittorie francesi su potenze europee, si ricordi l’esercito austro-prussiano (Maria Antonietta era un’Asburgo-Lorena) in difesa del Re, esercito fermato a Balme. Mentre i borghesi e moderati si opposero a Robespierre e furono cacciati i giacobini; infine, il 22 agosto 1795 la Convenzione elabora la Terza Costituzione di natura liberale moderata.

Al di là della totale sfiducia verso le medesime dichiarazioni e intenzioni della rivoluzione, la Coscienza ormai era diversa e la Congiura del nono termidoro creava una Francia più moderata, evaporata dai sanculotti e dagli estremisti giacobini. La nuova Costituzione, approvata nel 1795, affiancava alla Dichiarazione dei diritti una nuova Dichiarazione dei doveri, e istituiva i criteri (tra cui un censo particolarmente elevato) per l’eleggibilità a livello nazionale. Questa Costituzione prevedeva la suddivisione dei poteri; in Francia si ha un parlamento bicamerale: la Camera del Consiglio dei Cinquecento col compito di scrivere le leggi mentre quella del Consiglio degli Anziani quello di approvarle o respingerle. Oltre al parlamento era presente pur il Direttorio (istituito nel 1795), un esecutivo col compito di nominare i Ministri, composto da cinque membri eletti dal Parlamento e che ridiede i diritti e le libertà personali, sospesi proprio durante il regime del terrore. Ivi si collegherà un’altra storia, di ritorno da una spedizione in Egitto il generale Napoleone scioglie gli organismi istituzionali, sospende la costituzione, siamo nel 1799, il 9 novembre (18 brumaio, secondo il calendario rivoluzionario). Termina così la rivoluzione durata dieci anni.

Trascrizione delle lezioni sulla Rivoluzione Francese.

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