Morte di Dio e divenire

Lapidariamente, per Nietzsche il divenire è l’unica certezza. Abbiamo visto e abbiamo percepito come il filosofo faccia delle interpretazioni un metodo: un’interpretazione critica che non giunge mai a una verità stabile. Eppure sul Divenire Nietzsche non ha dubbi, è la cosa più certa in assoluto. Ritroviamo in tutte le opere di Nietzsche le intuizioni del dionisiaco e apollineo, e una di queste, il dionisiaco, significa il divenire: il divenire è l’esplicazione del dionisiaco, cioè il continuo mutamento, la non certezza di qualcosa di stabile, l’idea che l’essere stesso non sia mai definibile e definito. Pertanto il divenire è la verità dionisiaca, la verità del continuo perire delle cose.

Proprio per questo si può dire che Nietzsche sia l’allievo di Eraclito, infatti nell’Ecce Homo, una sorta di autobiografia, lo ringrazierà, e si farà portavoce come filosofo tragico; si farà portavoce del Dioniso nella filosofia nel flusso, una filosofia dionisiaca che non ha bisogno delle falsità e delle menzogne apollinee, una filosofia che dice sì al contrasto, alla guerra, al divenire, all’annientamento e rifiutata qualsiasi forma di concetto dell’essere.

L’oltre-uomo decostruisce la metafisica e la morale, fino alla menzogna delle menzogne, Dio. Dio non solo come il Dio delle grandi religioni monoteistiche, viepiù come espressione di qualsiasi certezza oltre-mondana, di qualsiasi idolo persistente, di qualsiasi forma di metafisica. Dio è la personificazione d’ogni senso, di ogni ragione, di ogni spiegazione che fermi, contrasti il terrore dell’esistenza; la vita non ha un senso, un obiettivo, ergo pur Dio «vien meno». Dio consiste nella fuga dalla vita. Il cosmo non è ordinato, buono, benefico. Si ricordi il caos presentato dalla Gaia Scienza. L’apollineo costituisce gli idoli al fine di sopportare le durezze della vita, per non guardare il baratro del dionisiaco. L’oltre-uomo, tuttavia, non è giunto, non è tempo per il folle (è venuto troppo presto), il folle della Gaia Scienza, degli Idilli di Messina, opera peculiare di Nietzsche: una raccolta poetica-filosofica. Parte di queste poesia confluiranno nell’appendice alla seconda edizione della Gaia Scienza.

Dio è una menzogna vitale, che serve alla vita, a una forma di vita stanca, che si illude, si illude che Dio parli con l’uomo ‒ collegamento con la Ginestra di Leopardi. Vitale sia perché, come detto a più riprese, tale menzogna servirebbe a vivere e sia perché essa sfama la vita, si ciba di essa; come può ciò? Perché ha preso la vita stessa, la gestisce ordina e sentenzia, è divenuto lui, Dio, libero e perciò può quello che dovremmo essere noi. Come possiamo essere liberi in Dio, con la sua rassicurazione, un padre che rassicura, pensiamo alla psicanalisi; Dio nasce perché l’uomo ha paura, del dionisiaco.

Qual è l’essere per eccellenza? è Dio! Nietzsche infatti sostiene che Dio, essendo l’essere per eccellenza, se esistesse veramente non ci sarebbe il mondo e il divenire, ci sarebbe già l’essere supremo e non già il mutamento. Perché come potrebbe esserci un mutamento dove vi è l’essere assoluto, la stabilità assoluta?

Il tentativo di creare e vivere delle illusioni è una forma dell’apollineo. Questo avviene anche per il soggetto: per Nietzsche l’io non esiste; v’è, invece, un continuo equilibrarsi e non equilibrarsi di bisogni, impulsi e frammenti contrastanti. Non è un io stabile, ma si costituisce come un insieme di sentimenti, ragionamenti e idee che non portano a un essere, a un’esistenza concreta. Perciò pur l’io non è un fatto. La verità per molti filosofi fu Dio quale garante di certezze e persino Egli stesso si rivela una certezza assoluta. Venendo meno che non esiste la verità, ma prospettive, si rivela una prospettiva anche il Creatore. Dio diventa il tentativo dell’uomo apollineo di negare la vita, di portare le attenzioni sull’aldilà, su l’ultraterreno e sul regno dei cieli; espressioni che secondo Nietzsche rimandano all’idea di negare questo mondo e la certezza del mondo dionisiaco che è l’unico mondo con cui abbiamo a che fare. L’ateismo di Marx e di Nietzsche sono «distanti»; entrambi partono dall’assunto che Dio non esista però poi il procedimento e i criteri che si attuano sono ben diversi; mentre per Marx la religione è l’oppio dei popoli, per Nietzsche il problema è che è un’illusione che noi creiamo per poter accettare la vita. Vita di per sé tragica, dionisiaca.

I nostri sensi non ci ingannano ma ci danno ragione in eterno nell’affermare che l’essere è una vuota finzione: questa è la più antica saggezza dei greci, l’elemento dionisiaco, il divenire; ma anche l’Ultima perché è la saggezza più fondamentale che fonda tutta la filosofia autentica e, persino, l’interpretazione della filosofia non autentica, che fa dissertazioni dal nulla sul nulla e crede nelle verità assolute che si basano proprio a partire da questo elemento primordiale (il divenire) e che inevitabilmente poi mostrano la non veridicità di qualsiasi verità, in quanto mutano e si alternano anch’esse (le visioni sulla verità assoluta).

Dopo aver visto il Nietzsche critico della società, l’illuminista e la sua concezione del divenire, ritengo che si possa parlare della morte di Dio: un’espressione ricorrente anche ai non addetti ai lavori, ai non studiosi di filosofia. Dio è morto e noi lo abbiamo ucciso. Cosa significa questa espressione? È solo un’accettazione dell’ateismo, un ateismo estremo? La morte di Dio significa non solo la morte del Dio storico, delle strutture immutabili (espresse in tutti gli ambiti), esplicando la potenza della distruzione, la figura della morte di Dio significa che le masse non avrebbero più bisogno del Creatore per difendersi dal mondo, dall’esistente: la certezza del divenire esclude la stessa possibilità di Dio; o la caducità o l’eternità. Se qualcosa in oltre fosse eterno, questa verità, condizionerebbe l’innocenza del divenire; poiché il divenire stesso verrebbe condizionato da essa. Anche ciò che non è, il futuro, comunque, non è il nulla dacché il suo primo contenuto, il suo essere, così sostenendo un eterno, sarà condizionato da questo medesimo; pur per queste ragioni, per dar ragione alla verità del divenire, non vi può essere nulla di eterno, altrimenti questa eternità condizionerebbe il futuro ad essere qualcosa, futuro che di per sé è pensato come il nulla, il nonancora. Diventa, come sostiene Severino, un «ascoltare dell’essere», quel niente, se dovesse esserci un essere eterno. Quel nulla diventerebbe un qualcosa. Se Dio esistesse il futuro già sarebbe qualcosa. Pur l’uomo è creativo, crea, dunque almeno qualcosa in un senso assoluto non c’è, la creazione artistica, ergo, un Dio non c’è. L’innovazione dimostra la non esistenza di Dio.

Nietzsche sostiene che Dio in qualche modo diventi superfluo poiché l’uomo moderno riconosce in questa credenza una favola; egli ha ucciso Dio in virtù delle acquisizione della scienza che si sono manifestate nell’arco degli ultimi secoli. L’uomo può fare a meno di Dio, della suprema verità che si rivela la favola suprema come della certezza dei sistemi di valori perché, come diceva Dostoevskij, se Dio non esistetutto è permesso, anche l’omicidio. Nel linguaggio di Nietzsche, c’è ancora un sopra o un sotto senza Dio?

Dunque Dio è morto sotto i colpi della ragione, una ragione utilitarista (non solo kantiana o hegeliana), viepiù scientifica, pratica, più ‘minuta’ di quelle forme di razionalità che hanno animato i grandi filosofi. Nietzsche perciò si fa portavoce di questo annuncio, di questa morte e tutti coloro che lo hanno ucciso non si sono resi conto di ciò che effettivamente hanno compiuto, cioè delle terribili conseguenze: l’assenza di valori e questo non significa il dover creare nuovi valori (come nel caso di Fiche, Feuerbach o Marx).

Se con la ragione le chiese vengono svuotate, sono ormai inutili residui, ma l’ateismo che subentra ha comunque una sorta di religiosità, ad esempio i positivisti che volevano esaltare la Dea Ragione; quindi il vecchio Dio viene sostituito con nuovi idoli, miti: il progresso, la scienza, lo Stato, il socialismo, lo Spirito. Sottolineiamo che con la morte di Dio rimane un paesaggio terribile, un vuoto reale, un’assenza di verità e questo è un’interpretazione dell’apollineo e il dionisiaco che si scontrano e, al termine, in tal caso ‘vince’ il dionisiaco, l’elemento irrazionale, vince il vuoto reale terribile lasciato dalla fine della più alta certezza (l’unica certezza per chi crede).

Con la morte di Dio crollano tutte le certezze, i valori assoluti lasciando il posto al nichilismo, tuttavia gli uomini non essendo pronti all’accettazione di queste terribili conseguenze hanno bisogno di nuovi idoli. In questo Nietzsche si fa portavoce e diventa un poeta nel senso antico del termine, cioè uno che riesce a profetizzare, non già soltanto cantore della società, ma che può anticipare molte problematiche. Affermare che Dio è morto significa annullare qualsiasi dibattito metafisico, teologico e ontologico su Dio perché non si nega, non si sta cercando di dimostrare la non esistenza di Dio a partire da ragionamenti, ma semplicemente si criticano, si annullano quei presupposti che rendono la divinità accettabile e la religione necessaria o tollerabile all’uomo. Esiste il divenire, non Dio.

Quanto segue è un’estrema semplificazione del pensiero di Severino, filosofo contemporaneo italiano, su Nietzsche: percorrendo l’impostazione di Nietzsche se Dio esistesse noi non dovremmo esistere perché Dio in sé è pienezza, assolutezza ecc. Il problema del panteismo viene così riformulato, postulato l’esistenza di Dio, le cose «dove» esisterebbero? O non esistono o esistono «dentro» di lui. Credendo all’assolutezza di un essere, è ben difficile sostenere l’esistenza di altre cose. Invece, negando quella gli enti si danno poiché non esiste un altro essere che neghi queste medesime esistenze.

da la Gaia Scienza

«Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! […] Non ci fu mai un’azione più grande: tutti coloro che verranno dopo di noi apparterranno, in virtù di questa azione, ad una storia più alta di quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi!». A questo punto il folle uomo tacque e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch’essi tacevano e lo guardavano stupiti.

La prima frase, del passo riportato, Dio è morto, consiste nella negazione di ogni tentativo metafisico cioè non è la negazione di Dio a partire da una metodologia metafisica, una teologia al negativo ove è proprio la negazione stessa che non permette Dio. Ovvero qui si nega che con la ragione possiamo cogliere la realtà, che in quanto tale, è irrazionale. Non ci fu mai un’azione più grande, cioè di negare la possibilità stessa dell’esistenza di Dio. Tutti coloro che verranno, infatti Nietzsche è il filosofo del futuro. Nuova filosofia del domani per uomini nuovi capaci di vivere senza Dio e le varie divinità che si sono costituite.

Un senso tragico che Nietzsche riprende da Leopardi da Schopenhauer ma anche dai Greci essendo un conoscitore della cultura greca. Idea come portavoce di nuove ere e di liberare gli uomini dalle tenebre del passato contro i mondi metafisici che si basano sull’illusione e cercano di annullare e distruggere l’unica certezza: che il mondo non ha una finalità intrinseca.

Un altro passo della Gaia Scienza cita: Il carattere complessivo del mondo è il caos, per tutta l’eternità. Non nel senso di un difetto di necessità ma di un difetto di ordine, articolazione, forma, bellezza, sapienza e di tutto quanto sia espressione delle nostre estetiche nature umane.

Dunque, non c’è un metro di paragone per poter sostenere il mondo è in disordine e Dio è l’ordine; c’è una contraddizione che non si svolge nella dialettica. Nietzsche negherà le questioni di diramare le contraddizioni che rimangono e non possono essere risolte per il tramite di qualsiasi forma di dialettica. La negazione delle certezze porterà Nietzsche a criticare molteplici aspetti. Critica sia lo storicismo di Hegel sia la dialettica che risolve le contraddizioni; ha criticato Kant per l’ordine morale del mondo e per l’idea dell’io penso; i comunisti, socialisti e Marx perché propongono diversi miti come nuove forme di divinità.

di Giancarlo Petrella,
Proprietà letteraria riservata©

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