il primo Nietzsche

Il primo periodo di Nietzsche si caratterizza per un impianto fortemente influenzato da Schopenhauer e quindi di critica all’idealismo. Egli nasce come filologo, alla ricerca della verità specifica, la verità del linguaggio e del lessico; ciò lo influenza sulla rigorosità del metodo, sull‘analisi per la volontà di verità. Scrive moltissimo, opere inedite o semplici taccuini, ma canonicamente la prima opera che si considera tale è La nascita della tragedia con la titolatura Secondo lo spirito della musica, pubblicata nel 1876. Qui si cerca di delineare la nascita della tragedia classica greca, secondo un aspetto dionisiaco, evocando due intuizioni e non concetti: Dioniso e Apollo. Quest‘ultimo è il dio solare, della bella parvenza, dio classico dell‘equilibrio, rappresenta la razionalità, la lucentezza ed il suo simbolo è la statua. Nella filosofia quest‘intuizione è la rappresentazione di creare illusioni, perché la realtà in verità è forte, tenebrosa, il vero e unico Io primordiale è sofferenza.

L‘antagonista di Apollo è Dioniso: Dio dell‘ebbrezza, della sessualità, del non limite, della sregolatezza; è il Dio che permette al servo di non essere servo, anche nella musica troviamo questa sfrenatezza. Dioniso serpeggia sotto con la sua verità oscura e occulta solo per persone forti e capaci di accogliere con tenacia questo pessimismo ed accettare il dolore e sostenere la verità, solo così si riesce a comprendere, viscerando la crudezza del vero, la vita. Queste due intuizioni nell‘arte si uniscono e si combattano, ma l‘equilibrio lo trovano nella tragedia classica di Eschilo e Sofocle, al contrario Euripide si ancora alla razionalità volendo analizzare se stessi e con lui si avrà, secondo Nietzsche, la decadenza della tragedia. La razionalità di Apollo è quella che vuole nascondere la verità di sofferenza sostituendola con la ragione solare, possiamo evocare i nomi di Socrate e Platone i primi che hanno stabilito che il mondo avesse una sua razionalità non solo come questione morale, ma che riguardasse l‘ontologia e la metafisica. Nietzsche li critica perché ciò crea un mondo fittizio e per lui Apollo vince grazie all’introspezione. Mentre l‘opera classica è un lasciarsi andare agli eventi, i personaggi ne sono vittime, esempio lampante il mito greco di Edipo, uomo che uccide il padre e sposa sua madre; egli è l‘emblema della colpevolezza e innocenza nello stesso modo e istante, non possiamo schierarci facilmente.

Il filosofare di Nietzsche può essere diviso in tre o quattro periodi, ma ciò è poco rilevante perché quello che importa è capire che nel suo pensiero c’è un‘evoluzione, partita dalla sua impostazione di filologo, studioso dei classici. Abbiamo inoltre un Nietzsche attento alla storia-storiografia. Essa è ambivalente: è opportuno respingerla quando soffoca la vita ed ostacola l‘azione, anzi deve mettersi al servizio della vita. Un eccesso di sapere storico, che caratterizza la cultura occidentale, non è a favore dell‘azione. Ciò trova un antidoto nell‘arte e solo inizialmente nella religione. Esistono tre modi di fare storia: quella monumentale, quella antiquaria ed infine quella critica. E’ interessante notare che una persona così acculturata come Nietzsche critichi il troppo sapere; il fatto fondamentale, nella visione nietzschiana e di Schopenhauer, è l’arte, l‘uno e la volontà; al di là del «pomparsi» di pura razionalità. Dobbiamo focalizzarci sul fatto che egli sia un irrazionalista, quindi contro la ragione ed attacca lo spirito di razionalità etichettandolo come apollineo e ne analizza tutte le sfaccettature. Vede nella razionalità uno spirito stanco, dell‘uomo malriuscito, decadente e nichilista, incapace di prendere su di sé il proprio destino.

Per quanto concerne il Nietzsche critico della storia, bisogna considerare che il Nietzsche successivo a La nascita della tragedia greca, scrisse un’altra opera che si intitolò Quattro considerazioni inattuali. Quest’opera doveva servire a Nietzsche come rinascita per la cultura occidentale dalla cultura greca tragica (della cultura dionisiaca); cioè cercare di depotenziare lo spirito apollineo che sovrastava, secondo lui, la cultura Occidentale. La razionalità è una fuga dal reale (autentico), colmo di dolore. Una delle più importanti è la seconda che riguarda la storia, in questa Nietzsche critica lo storicismo dunque Hegel, per il quale ciò che è reale è razionale ciò che è razionale è reale; ovvero per comprendere la realtà bisogna studiare la storia, la quale è la manifestazione dello Spirito Assoluto. Nietzsche critica il fatto che quando termina una guerra ci sia subito uno storico che racconta l’evento, senza però avere una visione ampia. L’eccesso di storia inibisce l’arte, diventa quasi una malattia; e qui ovviamente si riallaccia alla critica all’apollineo, non si devono vedere questi vari periodi di Nietzsche come vari filosofi ma è lo stesso filosofo, che ampliando il suo orizzonte riflessivo, ovviamente amplifica i suoi strumenti che sono però sempre interpretabile con certe categorie, quali l’apollineo e il dionisiaco.

Venendo alla critica di Nietzsche alla storia; per esempio, abbiamo un uomo rivolto al passato (uomo storico, filosofo storicista, storiografo) che dimentica il presente e tralascia il futuro; sono uomini imitatori come nella questione Alessandrina: il troppo studiare gli uomini del passato, secondo Nietzsche, non permette di essere a vostra volta creatori; nell’arte studiare troppo i maestri fa si che non si ha la capacità di creare un proprio stile. Lo studio dei singoli fatti poi inibisci la creatività stessa. La venerazione per la necessità ineludibile dunque, di nuovo l’apollineo contro il dionisiaco che è depotenziato al massimo secondo Nietzsche, non c’è più l’equilibrio Greco che abbiamo accennato precedentemente. La soluzione che da Nietzsche è dimenticare, essere meno coscienti, meno razionalisti ed essere meno attaccati alla storia del passato perché l’uomo che è troppo studioso cosciente, come dice Leopardi e Schopenhauer, non è felice; il passato pesa sul presente. Un eccesso di memoria impedisce la vita; invece bisogna dimenticare. Beati gli smemorati perché avranno la meglio sul proprio dolore.

Abbiamo quindi visto che Nietzsche può essere diviso in tre o quattro periodi, diversi del suo filosofare ma ci sono delle idee cardine che continueranno, come le categorie apollineo e dionisiaco che sono presenti per la prima volta ne La nascita della Tragedia Greca. In questo periodo è importante il confronto con Schopenhauer, entrambi possiamo dire che considerano il mondo noumenico come un’illusione; il famoso mondo noumenico di Kant è un’illusione ingannevole. Per Schopenhauer c’è il principio della propria individualità, il principio individuationis, lo stesso principio lo ritroviamo in Nietzsche ma lo considera diversamente. In entrambi c’è la questione della volontà come fondamento, per Schopenhauer l’esistenza è una sofferenza e noia. Invece per Nietzsche diventa sofferenza e tragedia, nel senso della tragedia greca dove tutti sono colpevoli e tutti sono innocenti in qualche modo. Entrambi hanno una grande considerazione dell’esperienza artistica; per Schopenhauer è una delle forme della liberazione dalla Volontà, invece per Nietzsche è uno strumento per spezzare quel principio di individuazione, tuttavia non consiste in un annullamento dell’individuo, ma ne è l’esaltazione. Il grande artista quando crea l’opera d’arte non sta annullando se stesso, ma si sta esaltando sta diventando il suo vero Io. Infatti una delle frasi famose di Nietzsche è “diventa ciò che tu sei”. Ci sono le ascesi (nolutas per Schopenhauer) e per quanto concerne Nietzsche c’è il pessimismo affermativo, cioè bisogna accettare la vita così com’è, l’aspetto tragico, l’aspetto della sofferenza e gli aspetti più cruenti. Per questo non bisogna cercare per forza una positività ed una razionalità agli eventi. Questa critica alla razionalità e quindi al principio apollineo è uno dei temi che ritorneranno nella sua opera. Nietzsche è irrazionalista, ma non come lo è Pascal o altri autori; si definisce inattuale, inattuale proprio poiché figlio dei greci: ha saputo cogliere l’autenticità greca. Si deve essere contro il tempo, presente, per un tempo venturo; la storia è certamente quel pregio, che divenuto ipertrofico danneggia l’esistenza. Il principio apollineo è il principio della luce, della rappresentazione e della linearità invece il principio dionisiaco è l’ebbrezza, la musica e l’ebbrezza eccessiva data dal vino. Questa è la vera essenza dell’uomo cioè di essere un animale irrazionale. Secondo Nietzsche la ragione avviene quando c’è la forma di decadente, quando l’uomo inizia a dare priorità all’apollineo rispetto al dionisiaco, dimenticando quest’ultimo. Questo è quello che secondo lui avviene nell’opera tragica con Euripide, ma di poi avviene anche nella sua contemporaneità ovunque. Dunque tutti i valori dionisiaci sono l’ebrezza della serenità e del vivere nell’accettazione della negatività della vita e non del rifiuto; mentre l’apollineo è una forma, possiamo dire, di anestesia ai dolori della vita. Questo atteggiamento, l’apollineo, per lui è decadente, è una forma decadente quando si parla di nevrosi. Nietzsche si profetizza pur un fisiologo, sostiene che (che poi in parte è quello che avviene nella psicoanalisi) quando c’è un atteggiamento morboso verso qualcosa, come il sapere, è sintomatico.

di Giancarlo Petrella,
Proprietà letteraria riservata©

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